
“La notizia, confermata dalle due amministrazioni di Marciana e Rio, che due dei Comun i più estesi e con più frazioni dell’Elba rimarranno senza giornali è l’ennesimo segnale di una situazione paradossale: un territorio ricco che ha gli stessi problemi sociali e culturali e di tenuta dei servizi di un paese povero dell’appennino, ai quali si aggiungono gli insostenibili prezzi delle case e degli affitti in un’isola che – altro paradosso – ha più seconde, terze e quarte case che abitanti reali. Certo, di fronte a problemi annosi e di grande impatto come la continuità territoriale marittima, la sanità, la scuola, il lavoro sempre più precario e troppo spesso malpagato… la sospensione della distribuzione dei giornali può sembrare poca cosa al tempo delle notizie online, ma evidenzia un fatto incontestabile che riguarda la qualità della vita di una popolazione elbana sempre più anziana che rischia di trovarsi privata dei servizi minimi che rendono la vita gradevole.
Aver privatizzato tutto (mi ricordo ancora quando i giornali e la posta li portavano i bus pubblici) non si è rivelata una buona scelta e tutto, anche il welfare minimo, diventa questione di “ridimensionamento del budget a disposizione”, ma non si può certo contare sulla disponibilità e sensibilità di chi gestisce il servizio al fine di risolvere la questione. Aver mercificato tutto ci porta a questo e la politica di spostare risorse dal benessere pubblico al riarmo non potrà che peggiorare la situazione. Eppure, una località turistica funziona ed ha successo se garantisce, in primo luogo, ai suoi abitanti un livello di vita e servizi che siano elevati tutto l’anno come quelli che si dovrebbero dare ai nostri ospiti.
I giornali che non arrivano più in bassa stagione a Rio e Marciana sono la cartina di tornasole di tutto questo, di un’isola che non è più per i giovani ma che si appresta a non essere più ospitale nemmeno per i suoi anziani che si avviano a diventare rapidamente la maggioranza della popolazione. Forse, più che appellarsi al bon cuore di una ditta bisognerebbe cambiare paradigma e garantire nelle frazioni elbane non ancora trasformate totalmente in dormitori estivi un minimo di servizi culturali, in una cooperazione attiva tra la preziosa rete di volontariato che resiste, istituzioni e negozi, edicole e librerie di comunità e vicinato. Cosa che, per esempio, il Comune di Marciana fa già con il servizio bus che forse potrebbe trasformarsi anche in vettore pubblico per portare i giornali nelle frazioni in bassa stagione.
La soluzione non può essere demandata però solo alle amministrazioni comunali e potrebbe essere trovata nell’economia civile, sostenibile e solidale che veda protagoniste reti locali di cura e assistenza e di valorizzazione culturale. Al quinto Festival dell’Economia Civile è nata ufficialmente la Rete dei Distretti dell’Economia civile promossa da Legambiente e il Comune di Campi Bisenzio (Fi), il primo Comune d’Italia a istituire un Distretto dell’Economia Civile che sta riunendo un partenariato sempre più ampio. Hanno costituito Distretti dell’Economia Civile anche Empoli, Lecco, Grottammare (AP), Napoli, Marcianise (CE), Pontecagnano (SA), la Provincia di Lucca e la Comunità montana dei Castelli Romani e Prenestini, ma sono diverse le amministrazioni locali che hanno avviato processi simili. Una tendenza che, insieme al ruolo cruciale che i territori e le comunità dovranno assumere nella transizione ecologica e digitale del Paese, indica come i tempi siano ormai maturi Per cambiare paradigma che prevede la condivisione di buone pratiche amministrative già sperimentate quali, ad esempio, la mappatura del territorio secondo il metodo del design sociale, l’adozione di politiche partecipative nella gestione dei beni comuni, l’applicazione del Green public procurement negli appalti pubblici e l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Ancora, la realizzazione di progetti orientati alla transizione ecologica e alla coesione sociale, nonché lo sviluppo di nuove forme di imprenditoria ispirate ai principi dell’economia civile come le cooperative di comunità, le società benefit e le b-corporation. Perché la creazione di valore non si esaurisce nella sola realizzazione del profitto, ma si estende all’impatto sull’ambiente e la società: una comunità tra le comunità, in cui il bene del singolo non può prescindere dal bene comune.
Come ha spiegato Carlo Andorlini, della Scuola di scienze Politiche e sociali dell’università di Firenze, “La comunità a cui ci riferiamo è un insieme di persone e di organizzazioni pubbliche e private che condividono – per volontà o per necessità – aspetti significativi della propria esistenza e della trasformazione delle proprie traiettorie di autonomia e sviluppo sociali economiche e ambientali. Questo tipo di organizzazione cura la propria dimensione comunitaria utilizzando la potenzialità della relazione che si costruisce tra i suoi membri, finalizzandola alla crescita dei legame e delle collaborazioni. Le caratteristiche materiali, spaziali ed ambientali sicuramente le danno forma, ma sono le persone ad infondere ad essa un significato, un senso, facendola diventare una unità di misura di riferimento. La comunità si completa ed esercita tutta la propria energia generativa quando non solo è percepita e vissuta come un’esigenza pratica ma anche e soprattutto come un simbolo e riferimento valoriale, dove è forte il bisogno di stringere legami sulla base di interessi comuni, empatia e propensione a credere negli stessi valori”.
E il Sindaco di Campi Bisenzio Emiliano Fossi, ha aggiunto qualcosa che ci riporta ai giornali di Rio e Marciana: “Troppo spesso si parla di innovazione e futuro come se fossero in sé elementi positivi. Se qualcosa abbiamo imparato, o dovremmo aver imparato, in questi anni di crisi, è che invece serve dare un verso a queste parole. L’innovazione, troppo spesso intesa solo in termini tecnologici, può rappresentare un elemento qualificante della vita delle persone, uno strumento per trovare un nuovo equilibrio con l’ambiente che ci circonda, un’opportunità di emancipazione e di crescita personale e sociale per molti e una risposta bisogni e problemi».
In piccole comunità che hanno subito cambiamenti sociali ed economici enormi in tempi rapidissimi bisogna utilizzare le scarse – ma spesso mal indirizzate – risorse pubbliche come leva per attivare le risorse sociali: risorse che generano risorse, in una dinamica che libera le persone dalla passività e le sfida a mettersi in gioco, a diventare protagoniste, risvegliando un nuovo senso di responsabilità civile, ma anche il capitale che esiste di passione, tempo, competenze”.
Umberto Mazzantini
Luca Spinelli
Articolo molto interessante, che mette in luce una problematica fondamentale per l’isola. La questione dei servizi minimi, come la distribuzione dei giornali, è un chiaro segnale delle difficoltà economiche e sociali che affrontano le comunità locali.
31 Marzo 2025 alle 15:49