Sarà un bellissimo giorno quello in cui non ci sarà più bisogno di “una giornata internazionale contro la violenza sulle donne”: vorrà dire che la parità di genere e il rispetto verso quello che Simone de Beauvoir chiamava “il secondo sesso” non saranno più un miraggio e che la rivoluzione culturale di considerare “uguale” per qualità di vita, aspettative economiche, valutazione sociale, il sesso femminile si sarà realizzata nella mentalità di tutti gli uomini e di tutte le donne.
Non basta infatti essere donne biologicamente per dimostrarsi progressiste e illuminate al riguardo: ne dà prova la nostra presidente del Consiglio, che pretende di essere definita al maschile (“il presidente”), come se proprio dalle parole e dal loro uso non cominciasse il cammino di uguaglianza e di riscatto. Cammino che appare ancora mostruosamente lungo e in salita in tante porzioni di mondo, dove della femminilità si fa scempio, come in Afganistan, dove alle donne è negato tutto, a partire dall’istruzione, o in Iran, paese in cui basta una ciocca di capelli fuori posto per perdere la vita; ma che ha ancora molti tratti impervi da superare pure in Occidente, dove non di rado le donne stesse contribuiscono alla persistenza di immagini femminili stereotipate e avvilenti nella pubblicità, nella moda, sui social, nei massa media, veicolando, forse inconsciamente, l’idea che la scorciatoia dell’avvenenza e della sensualità sia meno faticosa e più redditizia dell’esercizio della mente, dello spirito critico, degli occhi aperti sulla realtà e le sue scandalose contraddizioni.
In Italia, poi, più che altrove tra le democrazie occidentali, spicca nella sua tragica evidenza il tristissimo fenomeno del femminicidio, che ogni tre giorni circa, toglie la vita, nelle modalità più atroci e disumane, a donne di ogni età e di qualsiasi condizione sociale, quasi sempre ad opera di partner o ex partner, quindi all’interno delle mura domestiche o nelle vicinanze. Proprio quegli uomini che più avrebbero dovuto amare e rispettare le loro compagne, ne diventano i loro feroci carnefici.
La maggior parte delle volte perché non accettano una separazione, una dichiarazione di indipendenza e di presa di distanza da un rapporto ormai usurato.
E’ in quel momento che scatta istintivamente – per carattere impulsivo, mancanza di autocontrollo, fragilità emotiva – l’atavico “richiamo della foresta” del patriarcato: “sei mia, il tuo corpo mi appartiene, mi deve appartenere anche la tua volontà… dunque non puoi andartene, come desideri e vivere la tua vita senza di me”.
Del resto il delitto d’onore in Italia è stato abolito nel 1981 (legge 442, 5 agosto 1981) e solo dal 1996 (!) lo stupro è considerato delitto contro la persona e non contro la morale pubblica. (legge 66, 15 febbraio 1996).
Solo una settimana fa, in occasione della presentazione a Montecitorio della Fondazione Cecchettin, fortemente voluta da quella meravigliosa famiglia precipitata nel lutto un anno fa con l’assassinio di Giulia, radiosa ragazza alla vigilia della laurea, per mano del suo ex fidanzato, italiano e “per bene”, il ministro dell’istruzione Valditara, in collegamento video, ha avuto la sfacciataggine di affermare, davanti ad un addolorato e dignitosissimo padre, e a tutti gli astanti, che il patriarcato non esiste perché abolito dalla riforma del Diritto di famiglia nel 1975 e che comunque le violenze sulle donne sono in parte legate alle sacche di emarginazione dell’immigrazione clandestina. Affermazioni assurde entrambe: perché la mentalità patriarcale non si cancella per decreto essendo instillata dalla cultura e dall’educazione fin dalla più tenera età (malgrado qualche progresso, alle piccole continuiamo a regalare le bambole per il loro futuro ruolo materno, ai bambini le costruzioni… a una bambina diciamo per istinto più “bella” che “brava”) e poi perché, in questo caso, tirare in ballo “gli immigrati irregolari” ci sta letteralmente come un “cavolo a merenda”, è assurdo e fuori contesto, come ha giustamente sottolineato la deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo, Laura Boldrini, sconcertata da quell’intervento.
Il femminicidio è comunque la punta dell’icerberg del macrofenomeno della violenza di genere, che, in scala meno drammatica, ma non per questo meno subdola, riempie purtroppo le nostre cronache quotidiane e di cui ognuna e ognuno può avere contezza nella vita, propria o altrui, di tutti i giorni: un vasto programma di educazione affettiva e sessuale per insegnare già dalla scuola il rispetto delle donne o meglio di ogni essere umano, a prescindere dal genere, si impone con forza e con urgenza. Non è più tollerabile assistere allo stillicidio giornaliero di piccoli o grandi scempi della salute fisica e psicologica di nessuna/o.
In questo senso, particolare valore assume l’iniziativa dell’on. Boldrini, quanto mai sensibile alle tematiche femminili, che già dallo scorso febbraio, ha depositato in parlamento la proposta di legge di introdurre nel nostro codice penale il principio del consenso, già esistente in altre legislazioni.
Così ha dichiarato in quell’occasione, il 7 febbraio 2024 scorso:
“Questa mattina ho depositato una proposta di legge per introdurre nel nostro codice penale un principio semplice: il sesso senza consenso è stupro.
La mancanza di consenso “quale libera manifestazione della volontà della persona e che rimanga tale e immutato durante l’intero svolgersi dell’atto sessuale” è alla base del riconoscimento della violenza sessuale, come stabilito dalla Convenzione di Istanbul, ratificata sia dal parlamento UE sia dal parlamento italiano.
All’indomani del deludente compromesso al ribasso fatto dal Consiglio Europeo sulla Direttiva Ue sulla violenza contro le donne e la violenza domestica, sta agli Stati membri fare quel passo in avanti che in Europa è stato bloccato da interessi nazionali e posizioni retrograde. Un vergognoso gioco fatto sulla sicurezza delle donne, sulla loro libertà e sulla loro dignità. E anche in sfregio alla volontà del Parlamento europeo che aveva approvato un testo molto più avanzato.
Mi auguro che la mia proposta di legge venga calendarizzata e discussa quanto prima, oltre che approvata con la più ampia maggioranza possibile. Altrimenti vorrà dire che il contrasto alla violenza sulle donne non è la priorità sbandierata da governo e maggioranza all’indomani degli stupri di gruppo di Palermo, Caivano e del più recente a Catania”.
Dal 20 novembre la proposta sta seguendo il normale iter parlamentare: auguriamoci che vada in porto e contribuisca a migliorare una situazione non più sopportabile. Siamo davvero stanche ogni 25 novembre di dover inaugurare panchine rosse e di assistere impotenti allo strazio di tante vite.
Le donne del PD Elba
“Siamo davvero stanche di inaugurare panchine rosse”
di Le donne del PD Elba
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