Riceviamo e pubblichiamo integralmente un intervento del sindaco di Rio Marco Corsini a proposito della notizia della avvennuta condanna (con tanto di pesante pena pecuniria) di tre amministratori e un tecnico dell’allora comune di Rio Marina relativamente alla vicenda legata al ripascimento della spiaggia di Cavo.
Premetto che non ho alcuna simpatia personale verso Roberto Antonini, e che inorridirei di fronte ad ogni ipotetico sfruttamento politico della vicenda. Cerco di offrire un contributo di riflessione obiettivo. Ma da amministratore e da giurista non posso che accogliere con sdegno e preoccupazione gli esiti della condanna risarcitoria di cui sono vittime i componenti della giunta comunale di allora.
Intendiamoci, il territorio subì un danno enorme in quell’occasione ed è giusto che i responsabili paghino per quel danno. Ma la domanda è: è giusto ed è legittimo che la responsabilità penale e civile (non politica) ricaschi sugli amministratori?
Il fatto purtroppo è che i giudici – penali civili e contabili – non riescono a comprendere (o non si riesce di far capire loro) che da tempo la legislazione di questo Paese, dalla riforma Bassanini in poi, si è orientata sulla netta separazione di competenze tra la politica e la gestione; nel senso che alla politica spetta dare le direttive e dettare gli indirizzi generali dell’azione amministrativa, e alla gestione spetta adottare gli atti che producono gli effetti concreti di quegli indirizzi.
Nel caso nostro, una giunta, un consiglio vogliono che si attui un’azione di ripascimento di una determinata spiaggia, o che si realizzi un determinato progetto, cioè che si intervenga sul territorio per il bene del territorio, ma non devono né possono sapere (non ne avrebbero le necessarie conoscenze) come tale risultato si ottiene. Questo spetta ai tecnici, che siano dipendenti o liberi professionisti non importa, ma spetta a loro. Ne conseguono le necessarie responsabilità: se un progetto è sbagliato, se un lavoro è fatto male, ne deve rispondere chi – e solo chi – quella scelta progettuale ha fatto, quella modalità esecutiva operativa ha eseguito, quel lavoro non ha controllato come si deve. Non è uno scaricabarile, è la regola voluta dal legislatore.
Insomma, quando si approva un progetto, si delibera il risultato perseguito da progetto, si impegna la spesa per la realizzazione di quel progetto, ma non se ne può condividere le soluzioni tecniche, perché un amministratore non ha e non può avere le relative nozioni.
Oggi poi che le regole della concorrenza impongono che la scelta dei professionisti e delle imprese avvenga mediante procedure oggettive prive di discrezionalità, nemmeno si può imputare alla politica un’eventuale cattiva scelta dei soggetti incaricati di rendere la prestazione affidata, soggetti che peraltro vengono profumatamente remunerati.
Non si può accettare che un amministratore (è accaduto anche anni fa a Rio Elba con un’ingiusta condanna della Corte dei Conti) debba pagare per un errore tecnico commesso da un tecnico, o da un amministrativo, quando nulla può sapere di quella tecnica e quando nulla può fare per evitarlo.
Naturalmente, cosa diversa è la responsabilità politica che un amministratore subisce per un insuccesso e della quale deve rispondere vero i propri amministrati a prescindere da ogni possibile colpa. Si dimetterà …. sarà sfiduciato …..non sarà rieletto…. Ma è tutt’altra cosa che avere la vita rovinata per il fatto altrui.
La condanna di questi giorni viene da lontano ed era purtroppo assolutamente scontata. Da anni si era formato un giudicato non più discutibile sulla responsabilità, e oggi si trattava solo di quantificare il risarcimento dal danno. Anche il tentativo pur doveroso di ridurre questo risarcimento era estremamente aleatorio e velleitario; se un danno è enorme, poco cambia se si tratta di sei milioni, o di quattro o di tre. Esso resta comunque insostenibile per i redditi e per il patrimonio di una normale persona fisica, soprattutto quando questa per amministrare – cioè per servire la gente – percepisce economicamente poco o nulla.
Anzi, il fatto di essere intervenuta dopo molti anni può aver aiutato a prepararsi; in questo caso, uno Stato lento (che comunque doveva attivarsi per evitare la prescrizione e la connessa responsabilità per danno erariale) può aver giovato all’autoprotezione.
Quale lezione trarre dall’intera vicenda? Innanzitutto si deve lavorare duramente per affermare e far affermare il principio della separazione delle competenze e delle responsabilità, se si vuole che le persone di buona volontà affrontino la missione di amministrare in modo appassionato e disinteressato, e se si vuole estinguere la suggestione di dover trovare per forza un responsabile per placare le folle. In questo senso una magistratura più serena e più attenta non può che aiutare. In secondo luogo, suggerirei di seguire un consiglio più pratico e pragmatico: di questi tempi e con questa aria che tira, per un amministratore è assolutamente necessario farsi un’assicurazione contro la responsabilità civile. Magari non risolve, ma aiuta.
Marco Corsini
*Sindaco di Rio