Riceviamo e pubblichiamo integralmente.
“ Chi sente Rio come casa propria non può che conoscere le vicende che hanno portato al recente triste pronunciamento del Giudice civile in merito alla domanda risarcitoria avanzata dal Ministero dell’ambiente. E lo definisco triste proprio perché conosco personalmente i convenuti quali persone oneste che hanno scontato l’onere di assumersi la “colpa” di aver governato. Ad oggi, purtroppo, le leggi – non recenti – dello Stato espongono gli amministratori (specie quelli comunali) in pasto ad un eccessivo carico di responsabilità che superano di gran lunga l’onere di diligenza a cui il sindaco, la sua giunta o il consiglio comunale è chiamato a rispondere. Questo vuoto di tutele impone una sempre più accurata oculatezza nelle scelte: vedi, ad esempio, la diatriba sulle allerte meteo, tale per cui nella preferenza della chiusura dei plessi scolastici gioca proprio la consapevolezza che ad un onere così alto deve susseguirsi un dovere di prudenza massimamente elevato. Chi afferma che l’elezione sia di per sé sufficiente a comportare un dovere di assumere “in bianco” qualunque tipo di conseguenza, forse confonde la forma con la sostanza. Candidarsi al “volontariato” della amministrazione della cosa pubblica non significa automaticamente dover anche accettare qualunque conseguenza per il solo fatto di essere stati eletti. L’ordinamento dello Stato deve obbedire al rispetto di questo principio, perché altrimenti la classe dirigente non potrà rinnovarsi o l’azione amministrativa ne uscirà negativamente irrigidita. Si lavori dunque per una riforma che incida sulla elaborazione di scudi penali adeguati all’operato dell’amministratore o a rimodulare, per certe fattispecie, il criterio soggettivo di imputazione. Tutta la mia solidarietà dunque ai convenuti, con la speranza che il giudice di appello possa consentire loro di prendere in considerazione delle diverse ragioni.