Una misteriosa carcassa di bestia marina in avanzato stato di decomposizione è stata rinvenuta poche ore fa sulla spiaggia di Cala Seregola nel territorio di Rio nell’Elba (provincia di Livorno).
Le inquietanti immagini allegate al presente articolo ritraggono una carcassa in evidente stato di decomposizione appartenente a una belva marina ignota che potrebbe essere stata traviata e sbattuta a riva (non si sa se già morta nel momento dello spiaggiamento o ancora viva) dalla violenta mareggiata che si è abbattuta sulle coste dell’isola a seguito di evento temporalesco che ha interessato l’Elba tra il 15 e il 19 di Ottobre in conseguenza delle forti perturbazioni degli scorsi giorni caratterizzate da copiose piogge e impetuosi venti che hanno colpito l’isola a più riprese nello stesso lasso di tempo. Rimane comunque un mistero che cosa possa aver causato lo spiaggiamento di questo che nel gergo tecnico della criptozoologia è detto globster (idest una massa di materia organica arenata non identificata) e se la strana creatura fosse già morta nel momento dell’impatto contro la terraferma. Non è la prima volta che sulle prode elbane avvengono ritrovamenti eccezionali: Nel 2021 infatti un rarissimo esemplare di Pesce Porco venne ritrovato nella Darsena Medicea e le sue foto fecero letteralmente il giro del mondo. Nel 2022 invece a Portoferraio venne scoperto un maxi totano, delle dimensioni di 115 cm, spiaggiato in località San Giovanni.>> (Livorno Today, 25 Maggio 2024) Benchè la cronaca recente e la letteratura specialistica siano folte con casi del genere, le sensazionali scoperte di insolite creature acquatiche non identificate riemerse dal fondo del mare siano essi globster o ‘mostri’ marini conservano sempre un alone di fantomatico mistero che rende tali affascinanti rinvenimenti tanto sintomatici quanto enigmatici sia per la comunità scientifica sia per il volgo poichè aprono una crepa sui tanti interrogativi ancora irrisolti suscitati dal Grande Blu.
I globster (termine coniato da Ivan Sanderson per contrazione della locuzione globular monster) sono, come detto, corpi organici informi e fibrosi costituiti dai resti di carcasse di fiere marine in decomposizione la cui prima scoperta risale al lontano 1896 allorchè il professore De Witt Webb medico in Saint Augustine in Florida ricevette notizia del ritrovamento di un simile oggetto in decomposizione effettuato da Robert Coles e Dunham Coretter due ragazzi intenti a fare una gita in bicicletta lungo la spiaggia; la mole dei resti che Webb si trovò davanti era incredibile: la parte visibile al di fuori della sabbia di quello che in seguito divenne il primo globster della istoria misurava 7 metri in lunghezza, 1,20 in altezza e ben 2,5 in altezza, si presentava bianco con leggiere sfumature rosee e argentee nel colore e pesava intorno alle 5 tonnellate. Fu la prima di una lunga serie di simili ritrovamenti: nel 1960 fu scovato un globster (altresì detto blob, in italiano traducibile come “glomo marino”) di 6×7 metri che gli zoologi intervenuti a esaminarlo descrissero come una massa di tessuto organico dura e gommosa di colore avorio in ottimo stato di conservazione, coperta di peli sottili e untuosi al tatto e dotata di 4 lobi penduli all’estremità; nel 1988 il sommozzatore Teddy Tucker rinvenne in Mangrove Bay nelle Bermuda una massa organica non identificata che descrisse come bianca e fibrosa come lana bagnata, densa e bianca pure all’interno con celle simili a quelle di un favo ma non altrettanto regolari che asserì non poter essere assimilabile a quella di nessun pesce o animale conosciuto; in fine, nel 2003 un gruppo di pescatori cileni ritrovò sul lido di Los Muermos quello che è probabilmente il glomo marino più imponente della istoria: una carcassa in putrefazione lunga ben 12 metri, di colore rosaceo, con due lunghe estremità simili a tentacoli.
La cronaca dei glomi marini si intrecciò con la istoria dei mostri marini nel 1967 allorchè una misteriosa fiera acquatica temutissima dai pescatori delle Bahamas e detta “lusca” fece la propria comparsa in letteratura con un articolo di Bruce Wright direttore della stazione di ricerche biologiche del Nuovo Brunswick in Canada il quale racconta che mentre stava esplorando un lago circondato da mangrovie nei pressi dell’isola di Andros la sua guida gli riferì che all’interno di una grotta marina vivesse proprio una lusca, descritta dall’indigeno come una belva grande e pericolosa mezza polpo e mezza drago con “le braccia pelose” (sic) la quale farebbe pensare a un polpo gigante (dotato infatti di filamenti lungo i tentacoli che hanno la parvenza di peli e darebbero ragione della descrizione di questo essere come una creatura con le braccia pelose) suffragando così l’ipotesi di un Cirroteuthis con grande pinne laterali simili a grandi orecchie. Nel 1989 una lunga canoa a motore di 6 metri che navigava nelle acque della Baia di Iligan nelle Filippine con a bordo un gruppo di 14 persone venne rovesciata da un polpo o calamaro che si aggrappò allo scafo della barca con i propri tentacoli valutati dai protagonisti e testimoni diretti della vicenda nell’ordine dei 3 metri di lunghezza.
Ma per quale ragione si tende a identificare i globster con i resti di piovre? L’errore risale alla scoperta nel 1957 ad opera di Forrest Glenn Wood etologo specializzato in polpi e cetacei di un vaso conservato nello Smithsonian Institution contenente campioni etichettati come “Octopus giganteus VERRILL” e dalle successive analisi di laboratorio del biologo dell’Università della Florida Joseph Gennaro che asserì che il mostro marino di Saint Augustine altro non fosse se non un polpo di dimensioni gigantesche – tesi sostenuta dal criptozoologo e docente di microbiologia nella Università di Chicago Ray Mackal e corroborata dai nuovi dati provenienti dall’esame biologico-chimico da questi svolto a cento anni di distanza sui campioni del 1896 ma poi smentita dai più recenti studi di Lorenzo Rossi del 2004 e 2010. In realtà è possibile affermare, dati alla mano, con certezza e senza tema di smentita, che tutti i globster siano il prodotto della putrefazione di cetacei, non le spoglie in decomposizione di piovre o polpi giganteschi.
Resta da capire a quale specie appartenga l’esemplare rinvenuto nella spiaggia di Cala Seregola e quali siano state le cause dello spiaggiamento e della morte dell’animale.
Manuel Omar Triscari
Antonio
Si effettivamente tutto sto’ mistero….alla grazia di Roberto giacobbo! Che vede misteri dappertutto anche dove non ci sono. Altro non c’è da dire
23 Ottobre 2024 alle 15:11
Cecilia Mancusi
Buongiorno, il reperto in questione non è niente di strano o inconsueto per le nostre coste. Ne eravamo già a conoscenza, lo abbiamo registrato e comunicato con il comune per la sua rimozione. Si tratta di un cetaceo, un delfino della specie stenella striata (Stenella coeruleoalba). Era già li sulla spiaggia il 5 di ottobre. Questi animali muoiono, a volte anche per cause naturali, e il mare li porta a terra (fenomeno ben conosciuto dello spiaggiamento).
saluti
23 Ottobre 2024 alle 12:37