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Sfumature e colori di un’Isola ricca di Storia e Cultura

Riflessione tra Ristrutturazione Edilizia e Restauro Conservativo, di Alessandro Pastorelli

Ultimamente si sente parlare molto di Restauro e Conservazione dei nostri beni Architettonici e Archeologici, ma spesso non si conosce bene il significato e l’importanza di tali definizioni.

La prevenzione e la conservazione preventiva è divenuta negli ultimi due decenni una disciplina fondamentale in ambito archeologico e conservativo.

Restaurare significa rimettere nelle condizioni originarie un manufatto e un’opera d’arte, mediante opportuni lavori di riparazione o reintegro (Devoto, Oli, 1995,p.1627); e’ opportuno rendersi conto esattamente  di ciò che si intende o di ciò che si deve intendere  per un restauro, poiché sembra che si siano introdotti numerosi equivoci sul senso che si attribuisce o che si deve attribuire a quest’operazione.

Il restauro è una parola moderna, in effetti nessuna civiltà, nessun popolo, nei tempi passati, ha inteso fare dei restauri come li intendiamo oggi. I Romani ricostruivano, ma non restauravano, e la prova sta nel fatto che il latino non ha una parola corrispondente alla nostra parola restauro, con il significato che le si attribuisce oggi. Instaurare, reficere, renovare, non vogliono dire restaurare, ma ripristinare, fare di nuovo.

Non voglio addentrarmi in una noiosa teoria del restauro passando dai maestri Boito e Giovannoni che dalla fine dell’800 hanno trasformato il restauro in una vera e propria scienza.

Lo scopo del restauro è quello di trasmettere alle nuove generazione facilitando la lettura dell’opera architettonica o del monumento (dal latino monumentum, “ricordo”).

La scuola italiana del restauro dà molta importanza alla conservazione della materia che costituisce l’architettura a differenza di altre scuole nel mondo che privilegiano la conservazione della forma, della geometria, della spiritualità  ma non interessa l’originalità del materiale che la compone.

La materia, per noi restauratori italiani, è portatrice di valori materiali in quanto le testimonianze materiali sono portatrici di civiltà; testimonianze della grandezza del mondo antico.

La patina del tempo, le sue alterazioni cromatiche, sono testimonianza del passaggio del tempo come le rughe sulla faccia di un anziano.

Pe restaurare i nostri beni storici bisogna studiare molto, scomporre l’architettura che li compone, pezzo per pezzo fino a entrare nell’animo dell’architetto che concepì l’opera, studiarne le interazioni tra i vari materiali e le strutture che la compongono; studiare molto per fare poco rispettando l’originale.

E’ importante lo studio della Fabbrica attraverso un rilievo minuzioso fino ai minimi particolari.

Il restauro è un’ipotesi critica non espressa verbalmente ma tradotta in atto!!

La nostra Isola è un’opera d’arte nell’opera d’arte della natura che l’ha creata; un paesaggio unico nel suo genere plasmato da secoli di interventi dell’uomo.

Ho avuto l’onore e l’onere di intervenire su molteplici opere Architettoniche di valore storico sull’Elba e ogni volta che comincio a studiarle cercando di decifrarne l’immenso archivio di pietra che rappresentano ne rimango sempre meravigliato dalla genialità, precisione e accuratezza delle lavorazioni delle fabbriche del passato.

Purtroppo, come dicevo all’inizio dell’articolo, spesso negli anni sono state confuse le parole Ristrutturazione Edilizia con Restauro Architettonico, andando a creare dei danni importanti e a volte irrimediabili sui nostri beni storici.

Ad oggi investire nel Restauro è una scelta vincente; le persone hanno più che mai bisogno di raffrontarsi con il loro passato, con il loro retaggio culturale  per meglio affrontare un futuro difficile come quello che ci si prospetta andando a rafforzare le proprie radici spirituali.

Portoferraio, la Cosmopoli medicea, una fortezza unica al mondo che si fonde nel paesaggio andandosi ad adagiare nel mare che la circonda; un bene architettonico da valorizzare e rendere ancora più fruibile.

Ho avuto l’onere e l’onore di lavorare alla Fabbrica di Palazzo Vecchio a Firenze come Architetto Restauratore e di capire fino a fondo l’importanza e il sottile filo rosso che lega Firenze a Cosmopoli; la prima rappresentazione di Cosmopolis-Portoferraio è quella tecnico-progettuale del Camerini; la sua pianta trasmette la sensazione che egli abbia immaginato la nuova città stando su un colle dalla parte di mezzogiorno.

Racconta il Lambardi:

“dalla parte di mezzogiorno al finire della pianura di S.Giovanni distante da Cosmopoli un miglio e mezzo, che uno di terra, e l’altro di mare si innalza un colle non molto alto, ma così eminente, che scopresi da questo molto distintamente ogni e qualunque luogo, che pare riguardarsi in Cosmpoli”.

Tutto questo è perfettamente rappresentato in una pittura di Vasari nella sala di Cosimo I a Palazzo Vecchio, ecco il sottile filo rosso che lega Portoferraio a Palazzo Vecchio.

Partecipo da diversi anni alla manifestazione Notti dell’Archeologia, promossa dalla Regione Toscana e noto anno dopo anno sempre più interesse da parte, non solo dei turisti, ma anche dei residenti alla nostra cultura.

I romani ci hanno lasciato in eredità tre bellissime ville: La Villa Romana della Linguella, La Villa Romana delle Grotte e La Villa Romana di Capo Castello a Cavo e noi abbiamo il dovere di impegnarci per conservarle, riutilizzarle e renderle fruibile al mondo intero.

I beni culturali sono di tutti e noi tutti ne dobbiamo avere la possibilità di viverli, studiarli , capirli immergendosi con la fantasia in un mondo oramai passato ma ricco di spunti e riflessioni per il futuro.

Il volontario culturale oggi è fondamentale per poter affrontare un iter progettuale che ci porti al Restauro e alla Conservazione del bene storico, in quanto i fondi sono limitati e non permetterebbero di coprire tutto l’iter.

In questo quadro è importante la figura delle Università Italiane che possono darci un grande aiuto e nel caso di reperimento fondi creare un’occasione di lavoro per gli studenti neo-laureati, immettendoli nel mondo lavorativo.

Spero che le nostre amministrazioni capiscano la potenzialità e il fermento che sta andandosi a creare attorno al campo della cultura e della conservazione andando a rilanciare il nostro territorio non solo da un punto di vista del mare e spiagge, ma l’Elba come polo culturale centrando l’obbiettivo di un turismo di trecentosessantacinque giorni l’anno.

Ci tengo a sottolineare che conservare non significa “cristallizare” il bene di interesse storico, ma il suo riutilizzo e la sua rifunzionalizzazione ne favoriscono la sua conservazione nel tempo.

Sono convinto che dobbiamo continuare a far conoscere la nostra storia ai nostri figli in modo che le generazioni future amino il proprio territorio e se ne sentano parte integrante in modo da proteggerlo e tutelarlo.

Non c’è futuro senza passato.

Architetto Alessandro Pastorelli

3 risposte a “Sfumature e colori di un’Isola ricca di Storia e Cultura

  1. Marco Bacci Rispondi

    Con 1 architetto Pastorelli a paese e le cose cambierebbero

    21 Ottobre 2024 alle 21:15

  2. Marcello Camici Rispondi

    Per restaurare i beni storici bisogna studiare molto e fare poco.
    Non mi pare che ciò sia accaduto vedendo le fortezze di Portoferraio.

    21 Ottobre 2024 alle 15:11

  3. Angelo Mazzei di Poggio Rispondi

    Salvaguardia e valorizzazione sono solo altre due parole per dire quello che l’Architetto Pastorelli spiega in questa sua riflessione, che insieme è anche un educato grido d’allarme.

    Aggiungerei “anaplastica”, che ricreo partendo dal verbo nel greco antico per “ridare forma, romodellare” (ἀναπλάσσω), il quale mi pare meglio di ogni altro latino rendere l’idea.

    Nell’anaplasmare vorrei far ricadere tutte quelle operazioni non invasive che si possono mettere in atto su un sito archeologico.

    Molti di voi avranno visitato ville e domus romane ed italiche o greche, e si saranno resi conto di quanto sia importante oltre al restauro materiale, la pulizia e il percorso di visita, la narrazione didascalica del contesto storico, del patrimonio artigianale, artistico ed architettonico, la spiegazione dei materiali e degli stili, l’epopea di popoli, famiglie e personaggi che in quei luoghi avevano vissuto.

    “Non è un segreto, dài, lo sanno tutti” – cantava un giovanissimo Vasco Rossi – che sono buffi quando cercano di far credere alla gente che l’enorme edificio etrusco di Monte Castello non sia altro che una “banale” fortezza d’altura, piuttosto che il lampante ed evidente primo testimone acclarato della presenza del Capo d’Armata di tutti gli etruschi Re Velthur, e di sua moglie la Regina, domina dell’abitazione, Ramessa Corona Cretani negli Spurinna.

    Partiamo da qui. E dal recupero, restauro e musealizzazione del relitto di Procchio, la Nave Romana di Modesto.

    In bocca al lupo Ilva!

    21 Ottobre 2024 alle 12:47

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