Scheletro delle Grotte, hanno ragione Zecchini e Mallegni

di Alessandro Canestrelli

Riceviamo e pubblichiamo uno scritto di Alessandro Canestrelli, autore di  libri e pubblicazioni, di storia antica e moderna dell’isola d’Elba. E’ uscita proprio in questi giorni la nuova edizione aggiornata del suo volume “Elba”, sottotitolo “un’isola nella storia”,di 11 Capitoli, 270 pagine e 108 immagini originali. Canestrelli scrive: “A suo tempo mi colpì la polemica scientifica sulla scoperta di uno scheletro umano durante gli scavi a S. Giovanni. Alcuni archeologi lo attribuirono al I secolo dopo Cristo, altri a 300 anni dopo. Ora il test del carbonio 14 ha risolto il problema. Ve lo comunico con un breve articolo che credo interesserà ai lettori”.

 La recente datazione eseguita con il carbonio 14 dall’Università del Salento sullo scheletro trovato a S. Giovanni ha risolto la polemica sorta tra Cambi/Pagliantini da una parte e Zecchini/Mallegni dall’altra a proposito della cronologia di deposizione dello scheletro stesso.

I fatti e la controversia

Nel 2017, durante la campagna di scavi nella fattoria romana di S. Giovanni, sotto le Grotte, venne in luce uno scheletro umano proprio sopra lo strato di crollo della casa, distrutta da un incendio. La scoperta suscitò grande interesse, con ampie coperture sui giornali locali e pubblicazioni nelle riviste specializzate. La domanda cruciale era: a quale epoca risale la morte di quell’individuo? Cambi e Pagliantini, che dirigevano lo scavo, non ebbero dubbi: “Siamo intorno al 50 – 100 dopo Cristo, il periodo in cui la casa era andata a fuoco”, sostenne il prof. Franco Cambi. Che poco dopo (in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 2018) insieme alla sua allieva Pagliantini ipotizzò che l’individuo si fosse “trovato in questo luogo in un momento successivo al crollo iniziale della villa, verosimilmente per recuperarne alcuni materiali architettonici” e che l’attività di spoliazione e la sepoltura potevano essere datati sulla base del ritrovamento di “frammenti di terra sigillata africana da cucina” (inizi del I sec.-seconda metà del II sec. d. C.).

Questa proposta cronologica non convinse né il prof. Michelangelo Zecchini né il prof. Francesco Mallegni, i quali nel 2019 manifestarono le loro perplessità mediante un articolo a firma congiunta. Secondo i due studiosi, che motivarono la loro opinione con considerazioni sull’archeologia funeraria dell’epoca e con l’analisi di foto sulla successione stratigrafica, la datazione giusta dello scheletro era il IV-V secolo d. C..

Se 300 anni di differenza vi sembrano pochi….

La replica della dottoressa Laura Pagliantini non si fece attendere: “Il giovane è stato seppellito sopra il crollo del tetto della villa, distrutta da un incendio nel I secolo d. C. Poiché sopra il defunto abbiamo trovato altri materiali da costruzione (che ne hanno in parte compromesso la conservazione), riteniamo che tra la sua sepoltura ed il definitivo abbandono della villa non siano passati esattamente 3 secoli”.

La conclusione scientifica del C14

Ora a dirimere la controversia sono arrivati i risultati scientifici degli esami radiometrici effettuati su quello scheletro nei laboratori dell’Università del Salento. Il test del C14 calibrato ha definito che l’individuo morto per cause ignote a S. Giovanni fu lì sepolto agli inizi del V secolo dopo Cristo, confermando la valutazione di Zecchini e Mallegni.

Alessandro Canestrelli

6 risposte a “Scheletro delle Grotte, hanno ragione Zecchini e Mallegni

  1. Alessandro Canestrelli Rispondi

    L’accusa di giudizi affrettati, velleitari e superficiali è alquanto ridicola da parte di un accademico la cui competenza si evince, come sottolinea lui stesso, dalle graduatorie internazionali. Sinceramente dare dell’incompetente a me in maniera gratuita la dice lunga sulla eleganza del nostro professore, cui ricordo la famosa ‘Ignorantia academicorum’ che nello specifico ha dimostrato sbagliando assieme ai suoi colleghi … se tre secoli vi sembran pochi.
    Mi vedo costretto a ricordare la mia lunga attività di autore, e recentemente di editore, nel campo della Cultura in amministrazioni toscane; con non poche esperienze con alcune delle principali case editrici, alcuni successi editoriali e premiazioni. Ecco: anche non conoscendo queste mie esperienze quarantennali ci sarei andato quantomeno piano con l’accusa di superficialità. È semplicemente un fatto sgradevole che non nasconde l’incapacità di capire e di avere un atteggiamento consapevole e serio. Cioè il prof. dimostra una sproporzione accusatoria che fa il paio con tre secoli di errore nella sua valutazione cronologica di uno scheletro!

    Con quella precisazione scientifica (in questo caso il carbonio 14) volevo indicare la verità storica su quella vicenda. Adesso, anche se dentro di me avessi avuto un moto di solidarietà (chi non sbaglia in definitiva?) per il risultato a voi sfavorevole, viste le vostre sgradevoli parole, quel moto non c’è più. Vi siete meritati di essere stati clamorosamente battuti da anziani professori evidentemente più preparati ed esperti di voi. Faccio notare che anche prima del carbonio 14, Mallegni e Zecchini avevano perfettamente compreso: esperienza e qualità di studio non si incontrano per strada e talvolta nemmeno all’università.

    Non ho mai scritto e francamente pensato che non sapete scavare (si tratta di una vostra excusatio non petita), ma è un dato di fatto che in uno scavo da voi diretto siete incorsi in un errore di circa tre secoli. Ripeto, è un fatto spiacevole e una cruda verità, ma non mi sarei aspettato una reazione così impropria per aver esplicitato il caso che, sì è importante, ma nemmeno di livello internazionale, tale da sollevare umori così melanconici e con reazioni in fin dei conti così tristi, molto tristi.
    Sono quasi certo che se Michelangelo Zecchini e Francesco Mallegni avessero commesso il vostro stesso errore (cosa pochissimo probabile) e io avessi segnalato il fatto, i due professori non avrebbero avuto un comportamento così incongruo, scortese e in fin dei conti ignorante nel senso pieno della parola.

    Alessandro Canestrelli

    15 Settembre 2024 alle 22:04

  2. Franco Cambi Rispondi

    Vi invitiamo alla presentazione del nostro libro sugli scavi di San Marco, sabato 14 settembre alle ore 21, al Forte Inglese (Portoferraio), per discutere con serenità, cortesia e, soprattutto, competenza. Certamente sarebbe opportuno leggere, conoscere e informarsi, prima di formulare giudizi affrettati, velleitari e superficiali.
    Gli scavi archeologici li sappiamo fare e anche piuttosto bene, come si evince dalle graduatorie accademiche internazionali.
    Franco Cambi, Laura Pagliantini, Edoardo Vanni

    7 Settembre 2024 alle 12:40

  3. Candide Rispondi

    Beh, Cambi e la Pagliantini non sono proprio dei “pivelli”. Non credo sia questione di mancanza di esperienza o di poca umiltà, è che talvolta chi scava si lascia condizionare dalle proprie idee preconcette, e paradossalmente uno sguardo “esterno” finisce con il risultare più obiettivo.

    1 Settembre 2024 alle 9:18

  4. Nicola p Rispondi

    Mi dispiace per la dr.ssa L. Pagliantini, ma a volte non bastano solo le deduzioni condizionate dal comportamento umano contemporaneo…

    31 Agosto 2024 alle 16:06

  5. Namer Rispondi

    Poveraccio, o se lo lasciassimo in pace?

    30 Agosto 2024 alle 19:32

  6. Mario Goiorani Rispondi

    Difficile che si sbagliasse Micelangelo Zecchini e Mallegni. Hanno una esperienza in scavi e ricerche Archeologiche. Da insegnare, poi la ricostruzione fatta e di facile interpretazione. La ceramica Sigillata Africana, è stata messa solo durante lo scavo della sepoltura. Mi spiace per chi ha diretto lo scavo, più umiltà e ascoltare i pareri degli Esperti del settore e luoghi

    30 Agosto 2024 alle 18:19

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