Autorə in Vantina, incontro, venerdì 26 luglio con Nello Scavo

Il giornalista presenta il suo libro "Le mani sulla Guardia Costiera", a Capoliveri alle 21.30

Quarto appuntamento in piazza per la rassegna letteraria Autorə in Vantina, organizzata dal Comune di Capoliveri e dalla libreria MardiLibri di Portoferraio, in collaborazione con la Pro loco di Capoliveri. Venerdì 26 luglio 2024, alle ore 21:30, sarà ospite della rassegna Nello Scavo, giornalista di “Avvenire”. Nell’anfiteatro della Vantina a Capoliveri, accompagnato dalla giornalista Sabrina Carreras, Scavo presenterà il suo “Le mani sulla Guardia costiera. Come la politica minaccia l’indipendenza di una grande istituzione italiana” (Chiarelettere, 2023).
Il volume è il resoconto di un’inchiesta condotta sul traffico di esseri umani nel Mediterraneo centrale, tra le coste della Sicilia, le acque territoriali di Malta e la sponda libico-tunisina. Quel Mar Mediterraneo che nel libro è descritto come il teatro del «più grande crimine commesso in Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale». Acque dove si vuole sia nata un tempo la civiltà occidentale; dalle quali, tirando su le reti, i pescherecci siciliani issano a bordo scarpe, vestiti «e pure qualche pezzo di quei poveri cristi».
Chi leggerà il libro avrà di fronte un quadro inqualificabile di connivenze politiche e amministrative, nazionali e sovranazionali; un quadro fatto di memorandum segreti, omissioni, depistaggi, ambiguità, pescherecci fantasma che appaiono come dal nulla nel mare agitato, segnalazioni inascoltate, oscure implementazioni delle relazioni tra forze di polizia. Uno stato di cose gestito da gente che fa dell’impunità «l’espressione della propria forza» e nel quale, se si parla di diritti umani, lo si fa «con la lingua dei soldi».
Ed ecco allora come i migranti vengano valutati alla stregua di merce da spostare o stoccare in porti più o meno sicuri; in caso d’incidente, descritti come «carico residuale». Che ne muoiano zero, dieci o cento sembrerebbe ininfluente per il volume d’affari in gioco. L’arrivo sulle coste italiane di un barcone vuoto o pieno, la non partenza dei detenuti dai lager libici o la partenza in condizioni disumane (su barchini di lamiera «saldati malamente e pronti ad affondare alla prima onda», che hanno l’aspetto di «bare scoperchiate»): entrambe le opzioni – a seconda della convenienza del momento – sono in grado di portare soldi a chi gestisce la tratta.
È un sistema apparentemente ben rodato, finanziato e sostenuto dall’Italia e dall’Unione Europea.
Piano piano, come scrive Scavo: «attingendo ai pregiudizi sullo “straniero” e manipolando le informazioni […] si è arrivati a istituzionalizzare la deportazione di massa, la tortura, l’eliminazione fisica di decine di migliaia di esseri umani. Non con il silenzio, ma con la complicità della politica e delle opinioni pubbliche».
È il risvolto funesto delle moderne democrazie occidentali. Un punto che non può non innescare una riflessione forse ancora più ampia, sullo Stato stesso come matrice, e sulla politica non come disarmante, incosciente e talvolta giullaresca inefficienza, ma come regno del male, come tassello indispensabile al funzionamento dei grandi affari “occulti”. E ci si potrebbe chiedere, allora, se non siano proprio le vecchie entità statali in quanto tali il problema. Quasi automaticamente si attribuisce allo Stato una statura elevata, il costituirsi come realtà sovraindividuale in grado di tenere l’uomo lontano dalla barbarie. Gli si attribuisce un valore che, a tutti gli effetti, esso riesce ad alzare soltanto come bandiera ipotetico-ideale, ma mai veramente a incarnare nella sua totalità.
Paradossalmente, sia l’alta moralità di un’istituzione come la Guardia costiera, sia la viltà e la degradazione dei trafficanti d’esseri umani sembrano alimentarsi alla stessa fonte, o a due diversi simulacri della medesima entità: lo Stato – nello scheletro del quale si sovrappongono legge e delinquenza, con una spiccata predominanza della seconda.
Allora, se per alcuni resta ancora un simbolo da difendere e un testimone di valori irrinunciabili, viene il sospetto che lo Stato moderno, nella sua effettiva e generale realtà, non sia ormai altro che una retorica cupola di protezione per dei «cretini pericolosi».
Angelo Airò Farulla

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