La farina per fare il pane fine ,di munizione e venale è stata “grascia” fondamentale per la sopravvivenza di Cosmopoli talchè sin dalla sua fondazione i granai dove ricoverare il grano con i mulini a vento per macinarlo e ottenere farina ,furono le opere civili tra le prime ad essere costruite in Cosmopoli insieme con le cisterne per la conserva di acqua.
Il conte Vincenzo degli Alberti nella sua relazione a Sua Altezza Reale scrive:
“…L’Abbondanza gode ella sola la privativa di vendere la farina et il pane e di comprare i grani .Quelli che raccolgono grano del distretto di Portoferraio ,a riserva di quanto può servire per nutrimento delle sole loro famiglie,non possono darlo né in pagamento dei loro debiti ne venderlo nel paese se non all’Abbondanza che per regola costante lo paga lire una il sacco meno del prezzo al quale essa vende la farina.Per esempio se il prezzo della farina è di lire 16 il sacco di () 150,l’Abbondanza paga il grano ai particolari lire 15 il sacco.
Due sorte di farina si vendono in Portoferraio :farina da fine di grano di Pisa,e farina da basso di grano di Maremma o forestiero.Della prima si servono per il pane fine, e della seconda per il pane venale e di Munizione…”
(“Relazione di Portoferraio fatta a Sua Altezza Reale dal conte Vincenzo degli Alberti suo Consigliere di Stato” Vincenzo degli Alberti.Manoscritto. Biblioteca comunale di Portoferraio. 1766)
L’amministrazione del grano era dunque esclusiva dell’Abbondanza poi sostituita, sul finire del settecento, dal “forno provisionale comunitativo”.L’abbondanza fu “azienda”, così la chiama degli Alberti, la più importante nella Portoferraio del seicento e del settecento (vedi LINK
Grano ,sul territorio dell’Elba, non ce ne è mai stato abbastanza per provvedere ai fabbisogni della popolazione talchè era a Pisa e nella Maremma che si andava ad acquistarlo.
Dal grano di Pisa si otteneva ‘farina da fine’ e da quello di Maremma,’farina da basso’ .
Con la prima si faceva pane fino, con la seconda pane venale e di munizione.
Tutto ciò comportò la nascita dei “provisionieri del grano”, soggetti con i quali la magistratura comunitativa di Portoferraio tramite l’azienda dell’Abbondanza stipulava contratto perché provvedessero in terraferma all’acquisto di grano e poi al suo trasporto sull’isola .
Una volta arrivato a Portoferraio il grano doveva essere condotto dal ponte di arrivo ai granai , immagazzinato, pesato, vagliato, macinato ,la farina trasformata in pane e il pane venduto.
Per ognuno di questi passaggi sorsero, gestite dall’Abbondanza, figure di lavoranti i quali come impiegati della stessa Abbondanza e da essa “provisionati” (pagati) svolgevano funzione di pesatori,vagliatori, magazzinieri, fornai , mugnai e rivenditori (canovieri) del pane.
I mulini a vento dentro le mura della città di Portoferraio non erano bastanti per produrre farina sufficiente per la popolazione.
Lo documentano carte manoscritte di archivio.
Interessante è la lettura di una di queste ,che ho trovato nell’archivio storico di Portoferraio, dove sono annotate “ le spese che fa il forno provisionale comunitativo quando il grano è arrivato al ponte”
Da queste carte si viene a conoscenza che l’ azienda dell’ Abbondanza prima e il forno comunitativo provisionale poi, andavano a fare macinare grano in mulini a vento e ad acqua “fuori delle porte “sia sul territorio del comune di Portoferraio , sia sul territorio dell’isola , a Rio, sia sul territorio fuori dell’isola in terraferma , a Follonica e a Torre Nuova in Piombino.
Sul territorio di Portoferraio esiste un mulino a vento ancora oggi ben visibile in località “ Colle alle Vacche” nel luogo detto “Poggio al Mulino” sul crinale dei monti della valle di San Martino lungo la strada militare che unisce il passo di Monte Orello a Campo nell’Elba
Dei mulini ad acqua del territorio di Portoferraio, citati nei documenti di archivio, sono riuscito ad individuarne uno lungo il fosso di San Martino ai piedi della collina di Castiglione .Qui è visibile il manufatto con le sue bocche che si aprono nel fosso tramite le quali l’acqua rientrava nell’alveo,come dopo dirò.
Questo mulino ad acqua ,al pari di quello a vento di “Poggio al Mulino “, è allo stato di rudere in forte degrado, in completo abbandono. Rispetto al mulino a vento non è visibile perché defilato ,lontano da ogni strada di comunicazione,sentieri compresi, e ricoperto da ricca vegetazione. Per vederlo bisogna andare a piedi scendendo dalla strada napoleonica.Vi si può entrare dentro attraverso una porta di ingresso che si trova in mezzo ad arbust
All’interno,per terra,sono ancora osservabili alcune moli da macina in pietra , abbandonate.
Mentre il primo mulino , a vento, è ben documentato in mappe, il secondo, ad acqua, è scomparso da ogni mappa e dalla memoria collettiva.
Ma, è presente nel catasto leopoldino.
Qui,nel foglio mappale quinto del comune di Portoferraio ,sezione D, detta di San Martino, “levato in pianta dal Geometra stimatore Costantino Bartoli terminato sul suolo il dì 31 agosto 1840” si trova mappato il Molino ad acqua.
In un particolare della stessa mappa è ben visibile nel rilievo eseguito dal geometra Bartoli questo mulino ad acqua lungo il fosso di San Martino.
L’analisi del particolare del foglio catastale mappale permette anche di capire come avveniva il funzionamento .
Dal fosso di San Martino a monte del Molino , acqua era stornata e convogliata tramite un canale rettilineo in un piccolo invaso che termina in alto , sopra il mulino. Dall’alto dell’invaso l’acqua entra dentro le macine del mulino che mette in movimento con la forza della sua caduta . Poi esce dalle bocche poste sotto il mulino ritornando nell’alveo del fosso da cui era stata stornata .
Questo mulino ad acqua insieme con quello a vento sono non sono solo memoria storica del nostro passato ma anche possono diventare risorsa turistica se adeguatamente e sapientemente recuperati ed immessi in un percorso didattico che è immerso in un ambiente floro-faunistico importante.
MARCELLO CAMICI