/ Portoferraio

Mantenimento dei frati di San Francesco nel convento

di Marcello Camici

(Quarta parte)  Siamo negli anni sessanta del cinquecento, quando il duca Cosimo I decide di inviare i Padri Zoccolanti dell’Ordine dei Francescani nel convento  a Portoferraio impegnandosi a passare loro il vitto eguale agli studenti della Sapienza di Pisa. Doveva essere questo un impegno gravoso se già il  12 aprile del 1575,pochi anni dopo l’arrivo dei primi frati, il commissario Vincenzo del Benino scrive al segretario Jacopo Dani ravvisando che sarebbe meglio trattare del vitto dei frati  con il loro capitolo  che si trova a Prato   giudicando ciò cosa molto utile soprattutto per il risparmio che ne verrebbe al duca.Invita pertanto il segretario a parlarne con Sua Altezza Serenissima. “Per  altra mia ho scritto a vostra signorìa della conventione da farsi di questo luogo per conto del vitto che dà loro Sua Altezza Serenissima et perché per quanto intesi non si poteva trattare se non con il loro magg.re i quali di presente fanno capitolo a Prato ,dove con facilità si potrebbe invenire ,perciò m’è parso ricordarlo a v.s. con quanto acciò che parendogli a proposito,la ne possi ragionare e trattare con la prefata S.A. Io giudicheria che fusse cosa molto utile et di quiete a chi sarà in questo governo come ancora a loro,et di risparmio gross.mo a Sua Altezza Serenissima  ma per conto della quale e non per altro io ne sono tanto noioso ,rimettendomi non di meno a miglior giudizio…”                 (Miscellanea Medicea.Filza 471.c. 91. Archivio di stato di Firenze) A carico  delle casse medicee questo mantenimento perdurò fino al 1698 data nella quale il granduca Cosimo III de’ Medici addossò le spese per il mentenimento dei frati alla comunità di Portoferraio  (Cfr pg 62 di “I Medici a Portoferraio..1548-1737” M. Sardi Persephone editore .2021), In particolare fu l’ente pubblico  dell’Abbondanza di Portoferraio ad accollarsi tale mantenimento a partire dal 1717. Ne parla in dettaglio il conte Vincenzo degli Alberti nella sua relazione fatta al granduca nel 1766 che scrive: “Convento de Minori Osservanti , Oltre  la detta chiesa Curata o come dicono Arcipretale, vi è un convento di padri minori osservanti composto di una famiglia di otto sacerdoti  e due laici ;questo convento fu fondato nel 1558  appena che Cosimo I cominciò a fortificare Portoferraio sicchè pensò subito a provvedere quel popolo di detti religiosi colla promessa di somministrare  ai medesimi tutto quello che poteva abbisognare per il mantenimento  di loro,della Chiesa del Convento.I sovrani successivi religiosamente compirono questa promessa et allorchè nel 1717 fu stabilita l’Abbondanza fu ad essa annesso l’obbligo del mantenimento di detti religiosi .In appresso per diminuire all’Abbondanza un tale peso fu considerato quello che i Religiosi potevano annualmente ricavare dall’elemosina  delle messe e furono moderate le assegnazioni sopra l’abbondanza che presentemente si calcolano tra lire 3300 e le lire 3500 l’anno. Più oltre è stato pensato di fare economia maggiore ancora sopra detta somma,ma avendo dato un’occhiata ai registri delle spese  di detti religiosi ho avuto luogo di osservare che nel 1765 hanno speso lire 2272 di più degli assegnamenti ricevuti dall’Abbondanza mediante l’elemosine delle messe, e funerali avendo in tal forma supplito non tanto al loro mantenimento quanto al consumo della cera della per la  chiesa ,degli arredi sacri e a qualche resarcimento del convento che nonostante ha necessità di maggiori reparazioni particolarmente nei tetti: sicchè non vedo che possa eseguirsi l’ideata economia quando non si volesse sopprimere quel convento che è molto utile a quella popolazione essendo quei religiosi continuamente impiegati a servire la chiesa  et a assistere i moribondi. Di più detti religiosi celebrano una messa quotidiana per il sovrano,  mantengono il cappellano alla fortezza del Falcone,sono obbligati a celebrare una messa ogni giorno due ore avanti la levata del sole per comodo di quelli che vanno a lavorare alla campagna. Questi religiosi diedero motivo ultimamente di fare dei ricorsi al Governo ma dopo che questo prese il savio provvedimento di far partire quelli che cagionavano le maggiori inquietitudini e di farne venir altri in loro luogo fra i quali un superiore che è molto savio si è ristabilita la buona disciplina  tra loro ed hanno riacquistato  appresso al pubblico quel credito che avevano perso talchè presentemente la loro chiesa ove si fanno le funzioni sacre con molta decenza è la più frequentata  e loro sono continuamente ricercati per sentire le confessioni  e assistere gli infermi “ procurando che tra loro non ci siano religiosi nazionali che sogliono fomentare le fazioni nel paese  saranno sempre molto utili per il bene spirituale di quel popolo.” (Cfr.  carta  12,13,14,15 di “Relazione di Portoferraio fatta a Sua Altezza Reale dal Conte Vincenzo degli Alberti suo consigliere di Stato” Manoscritto del maggio 1766. Biblioteca comunale di Portoferraio) Il documento sopra integralmente trascritto  informa  molto bene come la comunità dei francescani si fosse diffusa e integrata  in quella di Portoferraio sul finire del settecento. Sulla presenza  di un frate francescano che è cappellano  alla fortezza del Falcone ho ritrovata una carta di archivio,inedita, che attesta la presenza della cappella nella fortezza. E’  una nota  dei “Sacri arredi da risarcirsi e rifarsi di nuovo nella Cappella della Fortezza del Falcone”. In questa nota si distinguono “Arredi da farsi di nuovo”che sono “Corporali tre.Cordoni due.Berretti da preti uno”  e “Arredi da risarcirsi” che sono “Indoratura di tutto un calice,con Patena.Camici due, con alcune pianete”. Annessa alla relazione generale  manoscritta fatta da Sua Altezza Reale da Vincenzo degli Alberti ,è la memoria N. 12 col titolo “Memoria sopra l’Abbondanza di Portoferraio”.In questa,parlando delle spese che sostiene l’Abbondanza , l’Autore scrive  che “L’instituzione più antica di dette spese è sicuramente quella che si fa per il mantenimento dei religiosi di San Francesco e della loro chiesa  come si osserva nella relazione  generale  e non pare che vi sia luogo a riformarla  dal piede presente  che è di lire 300 a lire 3500 l’anno”. Tre carte manoscritte  sono interamente dedicate ad una nota che dettaglia minutamente  le cose che in un anno l’Abbondanza somministra ai frati di S. Francesco “per loro vitto e consumo”.  Degli Alberti termina questa nota  scrivendo che “tutto questo mantenimento qui descritto ascende un anno per l’altro a scudi cinquecento. Fiorentini Lire 3500”. Fiorentini Lire 3500 equivalgono  a lire italiane   2942 .Tale calcolo  è stato fatto  prendendo in considerazione la lira fiorentina introdotta da Ferdinando II nel 1620  equivalente a lire italiane 0,8406. (Tratto da “Manuale di metrologia”A. Martini. Edito Loescher. Torino 1883)

  MARCELLO   CAMICI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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