Silvana Abruzzese Lattmann ci ha lasciati il 19 luglio nella sua casa/museo al Brunngasse 8 della parte vecchia della città Zurigo. Silvana era una amica, una grande amica, una scrittrice e poetessa italiana naturalizzata svizzera. Nata a Napoli nel 1918 è stata una delle prime donne in Italia a laurearsi in biologia insegnando successivamente questa materia all’Università di Milano e come ricercatrice alla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. Come poetessa ha vinto varie edizioni del Premio Schiller nel 1983, nel 1984, nel 1997. Per lei scrissi una particolare prefazione di un suo dramma teatrale che ripercorreva la tragica fine del suo primo marito, il tenente di Marina Michele Sgarlata di stanza sul sommergibile Porfido operante nel Mediterraneo che fu silurato e affondato nel dicembre del 1942 a soli sei mesi da il loro matrimonio . E di lei per altra occasione scrissi che è : “ …un’ elbana per scelta sin dai primi anni ’40 trascorrendo lunghi periodi nella sua casa del Cotoncello a Sant’Andrea dove si incontrano artisti internazionali in piacevole conversare sotto l’antica pianta di fico coronata da corbezzoli in fiore. Donna di raffinata cultura è poetessa tra le più significative della Svizzera rivelandosi all’attenzione dei lettori con quindici poesie, nell'”Almanacco dello Specchio 7″. In quell’occasione, presentandola, il poeta Sandro Sinigaglia attirava l’attenzione su “un lessico frugale, un’orchestrazione pari a quella di una musica scritta per un’ocarina”. Sono poi uscite due raccolte di versi “Le storie di Ariano”, (Nuove Ed. Vallecchi 1981) “Fessura”; ma la lotta con l’angelo (il motivo dominante) non è conclusa, nemmeno con la più recente raccolta “Assolo per tromba in fa Maggiore”. Della Lattmann Pio Fontana scrive che nelle storie di Ariano è presente una tendenza narrativa, in una dimensione naturalistica, di leggenda, saga, sceneggiata, con l’assunzione di tecniche e suggerimenti culturali, quali il teatro delle maschere, che già implicavano sviluppi diversi, aperture al magico e al sogno, leggibili forse più come suggestioni folcloriche e nostalgico-memoriali, come l’affiorare di interessi psicocritici legati a una ricerca individuale (si pensi al rapporto con l’immagine della madre e con quella, sostitutiva, della Tata), di scavo nella propria infanzia. A partire da <Fessura> e sempre più decisamente nelle successive raccolte di versi, la ricerca della Lattmann diventa soprattutto ricerca linguistica, come lavoro onirico e visionario, visitazione ossessiva ed esorcismo, viaggio iniziatico che trova nel suo stesso <procedere confuso>, nella sua stessa <precarietà>, come ha osservato Gilberto Isella, un senso e una ragion d’essere…”. Con il dolore nel cuore ti abbraccio stretta a me. Paolo Ferruzzi.
Per accedere alla sua casa museo di Zurigo: https://www.schauplatz-brunngasse.ch/.