Il 18 giugno 1891, muore Mago Chiò.
Si chiamava Francesco Grassi. Vestiva sempre con una specie di camice, camminava a piedi nudi, a tracolla portava una tromba … non sapeva scrivere altro che Mago Chiò a stampatello, che dipingeva sulle mura del Volterraio e del Giove e delle Fortezze Medicee di Portoferraio.
Il nomignolo di Francesco Grassi derivava da una specie di barbagianni popolarmente chiamato Chiò.
Le gesta di Mago Chiò non si limitarono solo all’Elba, perché, imbarcato clandestinamente sui piroscafi, raggiungeva Piombino e a piedi e scalzo arrivò a Pisa e a Firenze per imprimere la sua firma sulla Torre Pendente e sulla cupola del Brunelleschi. Così fece anche a Bologna alla Torre degli Asinelli.
Un giorno salvò un ragazzo caduto in mare dalle scogliere di Santa fine alle Ghiaie.
Si suicidò con un infuso di capocchie di fiammiferi, per che respinto e deluso da una donna della quale si era invaghito.
(Tratto dal libro “Per non dimenticare…” di Leonida Foresi).
Il 18 giugno del 1931, per interessamento del Podestà di Portoferraio, Epaminonada Pasella, la Ferrigna (costituita nel 1930) e l’Audace (1905) si fusero: la nuova società fu chiamata Unione Sportiva Portoferraio e nello stesso anno si iscrisse al Campionato Toscano di III Divisione con il nome di Unione Sportiva Elbana.
(Tratto dai libri “Storie Storielle Schizzi & Schiribizzi” di Leonida Foresi e “Audace La Signora Del Calcio Elbano” di Agostino Anselmi).
Il 18 giugno 1849, il Landucci Ministro dell’Interno del restaurato Governo granducale, invitava le autorità governative della Toscana ad emettere un sicuro giudizio dello spirito pubblico nelle popolazioni del rispettivo circondario, per conoscere se esistevano elementi avversi al restaurato regime monarchici costituzionale.
(Tratto dal libro “L’Elba s’è desta”).
Il 18 giugno 1920, a Portolongone, si teneva un secondo convegno dei minatori per sollecitare una risoluzione e utilizzare la solidarietà manifestata; si decise di inviare la commissione dei lavoratori a Genova per prendere accordi con la Federazione dei Lavoratori del Mare e di comunicare poi, al prefetto di Livorno, l’intenzione di bloccare l’isola.
(Tratto dal libro “La Camera del Lavoro di Piombino dalle origini agli anni sessanta”).