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Allarme, la crisi climatica influenza le tartarughe marine

di Legambiente Arcipelago Toscano

È allarme clima nel Mediterraneo. Le temperature medie annuali nel bacino del Mediterraneo sono di circa 1,4° C superiori al livello di fine ‘800, un valore superiore di 0,25° C circa rispetto all’incremento medio della temperatura globale: è quanto emerge dal report “Climate change and interconnected risks to sustainable development in the Mediterranean”, pubblicato su Nature Climate Change. Inoltre, il Mediterraneo è tra i bacini che si stanno scaldando più velocemente sul pianeta, circa + 0,4°C per ognuno degli ultimi decenni, e proiezioni per il 2100 variano tra +1,8°C e +3,5°C in media rispetto al periodo tra il 1961 e il 1990. Basti pensare che tra giugno e agosto 2022 le temperature superficiali medie sono state più alte anche di 4,6 °C rispetto a quelle registrate tra il 1991 e il 2020: un record mai raggiunto prima. Ed è proprio a partire da queste ricerche che gli esperti hanno associato la tendenza costante del riscaldamento delle acque all’aumento del numero di nidi di Caretta caretta sulle coste occidentali del Mare Nostrum.

Con l’aumento delle temperature dovuto alla crisi climatica, infatti, le tartarughe Caretta caretta stanno individuando le coste del Mediterraneo occidentale come luoghi adatti per formare nuove colonie. Fino a pochi anni fa la nidificazione regolare avveniva esclusivamente nel più caldo bacino del Mediterraneo orientale, principalmente in Libia, Grecia, Turchia e Cipro. Tuttavia, negli ultimi due decenni gli esperti hanno registrato un numero crescente di nidificazioni lungo le coste italiane, francesi e spagnole. Evidentemente questa specie esplora nuove località ed espande l’areale di nidificazione, dal momento che oggi sono disponibili contesti naturali precedentemente troppo freddi per l’incubazione degli embrioni.

È per questo che è nato Life Turtlenest, un progetto cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma LIFE e coordinato da Legambiente, finalizzato al miglioramento della conservazione della tartaruga marina comune (Caretta caretta) in Italia, Spagna e Francia, attraverso attività di monitoraggio, messa in sicurezza dei nidi, ricerca scientifica e campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione. Inoltre, obiettivo di Turtlenest è anche quello di studiare come i cambiamenti climatici stiano provocando l’espansione dell’areale delle femmine di Caretta caretta nel Mediterraneo occidentale. Attraverso un approccio integrato, il progetto permetterà di migliorare lo stato di conservazione di Caretta caretta anche grazie all’allargamento e/o all’istituzione di nuovi siti Natura 2000.

Nel Mediterraneo occidentale fino a poco tempo fa l’attività di nidificazione era sporadica e imprevedibile. Il primo nido “anomalo” documentato è stato trovato nel luglio del 2001 su una spiaggia della provincia di Almeria, nel sud-est della Spagna. Per oltre un decennio, la nidificazione è rimasta occasionale, con solo 13 nidi registrati in tutto il Mediterraneo occidentale fino al 2012. Dal 2013 la cifra delle nidificazioni è aumentata rapidamente, raggiungendo nelle ultime due stagioni il numero record di 146. Le deposizioni si sono verificate sulle coste tirreniche dell’Italia (84,5%), seguita da Spagna (13,9%) e Francia (1,5%).

Ma se i cambiamenti climatici spingono le tartarughe verso nuove aree, purtroppo, spesso queste spiagge non possono essere considerate adatte ad accogliere la specie, tanto che tra il 2021 e il 2022 sono stati registrati ben 115 tentativi falliti di nidificazione. Un numero questo, decisamente sottostimato poiché i monitoraggi non sono ovunque sistematici e completi. Nel complesso, non è raro che le tartarughe tentino di deporre le uova ma vengano poi scoraggiate dalle condizioni avverse dei litorali: Spagna, Francia e Italia sono, infatti, tra i primi sette Paesi mediterranei con la più alta pressione turistica.

Addirittura l’87% dei nidi scoperti nel Mediterraneo occidentale si trova su spiagge con un alto impatto antropico (ossia all’interno o in prossimità di stabilimenti balneari o strutture costruite sulle spiagge), l’88% dei litorali è anche esposto all’inquinamento luminoso e quindi quasi un terzo dei nidi è stato trasferito perché le femmine hanno deposto troppo vicino all’acqua o in luoghi non adatti (ad esempio sabbia mista a terra e ciottoli) come possibile risposta agli ostacoli presenti sulla spiaggia e all’intenso inquinamento luminoso o acustico.

L’inospitalità delle coste colpisce anche i piccoli di tartaruga che, abituati a seguire la luna per orientarsi ed arrivare al mare, si trovano spesso disorientati dalle luci artificiali.

Life Turtlenest mira a mitigare questi effetti attraverso l’implementazione delle attività di monitoraggio, la messa in sicurezza dei nidi, attività di ricerca scientifica e di informazione rivolte alla popolazione.

Da una recente indagine condotta da Legambiente è emerso infatti che i frequentatori delle spiagge e i balneari sono spesso del tutto impreparati su questo tema: quasi il 90% delle 300 persone intervistate non sapeva infatti che la zona in cui si trovava era interessata dalla nidificazione delle tartarughe marine. La stessa percentuale non sapeva quali comportamenti adottare per non disturbare le tartarughe durante le fasi di nidificazione e schiusa.

“La presenza di tartarughe marine lunghe le nostre coste – dichiara Stefano Di Marco, Coordinatore dell’Ufficio Progetti di Legambiente e project manager di Turlenest – oltre a rappresentare una ricchezza in termini di biodiversità, costituisce anche una risorsa dal punto di vista socio-economico. Il fatto che mamma tartaruga scelga di nidificare in alcune località costituisce, infatti, un valore aggiunto rappresentando un elemento identitario che può essere utilizzato come leva di marketing territoriale. È necessario quindi che, oltre alla comunità scientifica, anche gli operatori economici, gli amministratori locali e le comunità prendano coscienza del valore aggiunto che la tartaruga rappresenta e lavorino insieme per tutelare adeguatamente questa specie”.

Oltre al coordinatore Legambiente, partecipano al progetto europeo la Stazione zoologica Anton Dhorn; Ispra; Università La Sapienza di Roma; Università di Barcellona; BETA Technological Centre (UVic-UCC); ENCI; Cest Med; Regione Basilicata, Regione Campania, Regione Puglia, Agenzie per la protezione ambientale della Toscana. Oltre alle regioni italiane bagnate dal mar Tirreno (Basilicata, Puglia, Campania, Sicilia, Sardegna e Toscana) Life Turtlenest interverrà nella regione francese Camargue, in Costa Azzurra e in Corsica e nelle regioni spagnole di Catalogna, Murcia, Andalusia, Isole Baleari e Valencia.

 

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