Il 9 maggio 1805, nasce a Capoliveri, Vincenzo Silvio, figlio di Giovan Battista e della signora Margherita Puccini Martini. Morì a Sant’Ilario il 9 maggio 1873. Nel 1829, all’età di 18 anni, il Silvio, mentre era a Roma a studiare medicina, venne arrestato insieme a altri carbonari e condannato a 10 anni di reclusione. Dopo 22 mesi trascorsi nel carcere di Civitavecchia, in concomitanza con i moti del 31 era stato graziato per indulto del Papa. In un articolo apparso sul Corriere Elbano in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, la maestra Haydèe Messina affermava che il dott. Silvio non mise mai di cospirare “nell’ombra o alla luce del sole”. Vincenzo Silvio leggeva per chi non sapeva leggere, parlava per chi non riusciva a parlare, scriveva per chi non sapeva scrivere. Il prete Garbaglia diceva: “Nulla mi fa paura come la penna del Silvio”. Il dott. Silvio fu un grande patriota, che oltre a essere perseguitato, come altri
nel periodo preunitario, continuò ad esserlo anche dopo, sia durante il periodo della Restaurazione, ma anche quando l’unità italiana si delineava sempre più netta all’orizzonte.
(Tratto dal libro “L’Elba s’è desta”).
Il 9 maggio 1799, il Comandante Militare Francese della Toscana, Gen. Gaultier, emana un durissimo bando col quale, sotto comminatoria di pene gravissime, ordinava la consegna, da parte della popolazione elbana, di tutte le armi da fuoco, comprese quelle da caccia e la polvere da sparo.
(Tratto dal libro “Porto Azzurro nascita, vita e vicende” di Valdo Vadi)