Alle celebrazioni per il 25 aprile anche un intervento di Marco Ambra, Anpi Isola d’Elba che ha ricordato il sacrificio dei partigiani e delle partigiane che hanno permesso di chiudere uno dei capitoli più bui della nostra storia fino ad arrivare alla nostra carta costituzionale, permeata di valor antifascisti e fondamento per la nostra repubblica democratica
Cari concittadini e care concittadine, 78 anni fa si chiudeva, con un’insurrezione generale organizzata da partigiani e patrioti nelle principali città del centro-nord il capitolo più nefasto della nostra storia unitaria, quello negli anni ‘20,iniziato con la violenza squadrista, continuato con la nascita e la costruzione di un regime autoritario gerarchico, con evidenti aspetti totalitari, e conclusosi con una tragica e sanguinosa guerra che, in un’escalation di violenza, vide gli italiani martoriati dalle bombe, dalla fame e dall’occupazione militare stragista dei nazisti. Basti riflette sugli eventi che travolsero anche l’isola, dopo l’8 settembre del ’43, sentinella avanzata dell’impero nel folle progetto di egemonia mediterranea di Mussolini, bersaglio invece degli stukas tedeschi e, dopo l’occupazione, nazista delle bombe angloamericane. Non si può negare al netto di tutti gli orientamenti storiografici che si sono espressi sull’argomento, che tutto ciò ha una causa fondamentale e un responsabile principale, il regime fascista e il suo capo indiscutibile. Causa e responsabilità erano ben chiari anche ai padri e alle madri costituenti, che sulla tragica stagione, il 1 gennaio 1948, misero una pietra tombale: la Costituzione della nostra Repubblica. La nostra carta fondamentale è dunque antifascista nella forma e nella sostanza. Non è necessari arrivare a leggere la dodicesima disposizione transitoria e finale, quella che vieta la riorganizzazione del partito fascista per comprenderlo. Le costituzioni vanno lette sistematicamente, senza analizzarne gli articoli. Se così si legge la nostra sarà chiaro anche al più caparbio analfabeta costituzionale che l’antifascismo non è solo una specifica norma espressa dalla dodicesima disposizione transitoria e finale, ma un paradigma, un modello che innerva quella democrazia pluralista e conflittuale disegnata dai primi dodici articoli. Basterebbe scorrere le parole chiave per comprendere come l’Italia nata dal 25 aprile si sia data un programma antiautoritario ed antitetico rispetto alla realtà storica del ventennio fascista. Democrazia, limiti , lavoro, dignità, solidarietà, libertà, eguaglianza, persona umana, indipendenza, autonomia, cultura, ricerca scientifica e tecnica, diritto d’asilo e ripudio della guerra. Sono la negazione del corporativismo, del sacrificio della milizia dell’obbedienza, della gerarchia, dell0’esaltazione della guerra e dei suoi disvalori. Eppure 78 anni dopo quel 25 aprile, 75 dopo la promulgazione della Costituzione qualcuno sostiene ancora la marginalità, se non addirittura l’assenza dell’antifascismo nella legge fondamentale dello Stato. Siamo ancora qui ad ascoltare le parole di uomini e donne che ricoprono cariche e sono istituzioni della Repubblica promuovere attivamente politiche e visioni del mondo incompatibili con la democrazia antifascista. E’ inutile che vi ricordi che il nostro passato coloniale e stragista per argomentare l’inopportunità di un viaggio istituzionale in Etiopia senza una parola di scusa o cordoglio per la strage di Debra Libanos, per le bombe ad Iprite. E’ superfluo ribadire che l’espressione “ sostituzione etnica” è un maldestro maquillage del concetto di razza. Evidente che l’articolo 11 ci chiede di individuare un ruolo per il nostro paese nello scenario internazionale che permetta la conclusione dle tragico conflitto russo – ucraino andando oltre la pura e semplice proliferazione dell’industria bellica. E’ perfino stucchevole ribadire che la costituzione democratica ma non antifascista, nelle confuse opinioni della seconda carica dello Stato, è firmata da tre uomini che rappresentano l’intero spettro dell’antifascismo italiano, un comunista: Umberto Terracini, che è stato presidente dell’assemblea costituente, un democristiano: Alcide De Gasperi che era presidente del consiglio e perfino un liberale monarchico: Enrico De Nicola , in qualità di capo provvisorio dello Stato. Un ritratto di famiglia pluralista, che però esclude per sempre un parente, il fascista e le sue esecrabili forme nel fare politica. Dobbiamo dirlo chiaramente: il valore fondativo di questa data non si mette in discussione, non può essere oggetto di dibattito. Farlo significherebbe mettere in discussione l’intreccio di libertà e pace che la nostra Costituzione antifascista ci chiede ancora di realizzare nella sua pienezza.
Viva le donne e gli uomini della Resistenza
Viva la Costituzione antifascista
Viva la repubblica democratica