Camminare nelle macchia medio bassa ai piedi del Volterraio, ma anche in qualsiasi altra zona dalle caratteristiche vegetazionali simili, magari in una bella giornata invernale, è una esperienza da provare. Ci vado abbastanza frequentemente munito di macchina fotografica e di un discreto teleobiettivo nel tentativo di catturare alcune immagini di vita naturale, ma anche per passeggiare e apprendere i tempi, i ritmi, i suoni della Natura o semplicemente respirare un po’ d’aria buona e prendere un po’ di sole. Il tele, o meglio lo zoom, dovrebbe aiutare nella documentazione dell’avifauna, anche se non eseguo una fotografia di appostamento ma mi limito a percorrere i sentieri, stando pur pronto a cogliere qualche momento interessante che si può presentare. Ovviamente cerco di vestire con colori naturali, senza tonalità vistose per mimetizzarmi nell’ambiente circostante, cosa che mi permette di non balzare immediatamente all’occhio degli animali che provo a ritrarre al momento delle loro improvvise apparizioni: l’anonimato cromatico mi concede qualche istante per scattare una fotografia prima che spariscano dall’inquadratura in un battito d’ali.
Come dicevo, attraversare la macchia in una giornata di sole è un’esperienza da conoscere e da ripetere, anche in solitudine, in silenzio. All’Elba, anche d’inverno, a volte si può ascoltare il ronzio delle api e dei bombi sempre indaffarati sulle fioriture nelle giornate miti. La vegetazione nasconde altra vita alata che la popola. Dai cespugli è tutto un dialogare: diversi suoni e versi dell’avifauna si levano dalle fronde, altri sembrano venire proprio dai cespugli più vicini, ma la coltre verde impedisce di localizzarli esattamente, figuriamoci di visualizzarli.
Ogni tanto salta fuori dalle foglie qualche pettirosso curioso e territoriale, che si innalza su qualche posatoio più elevato, come se volesse controllare il suo territorio, concedendo qualche attimo al fotografo pronto. Un po’ meno confidenti sono i codirossi, che pure ogni tanto escono dal verde rendendosi visibili. Molto più timidi e difficili da documentare sono gli appartenenti alla famiglia dei silvidi, quali la capinera, l’occhiocotto e la magnanina, anche se un esperto ornitologo riesce facilmente ad individuarne il verso, rimangono nascosti dalle fronde soprattutto se ascoltano il rumore dei passi dell’escursionista e senza un appostamento saranno sicuramente più difficili da fotografare. Così, con la tecnica vagante, ho appena pochi istanti per documentare la capinera o l’occhiocotto sporgenti appena fuori dai cespugli o ancora mezzi celati dalle fronde, pochi attimi in più per fotografare la magnanina appena sopra la coltre dei cisti, su qualche rametto sporgente, con le sue caratteristiche pose plastiche delle zampette apparentemente in bilico sulle fronde. A dire il vero, posso affermare che fanno bene questi piccoli esserini alati a nascondersi dall’invadenza dell’uomo che occupa sempre con maggiore invadenza e violenza l’ambiente, avendo recentemente raccolto da terra un paio di esemplari di occhiocotto investiti dalle auto, dei quali uno mi è volato via dalle mani mentre cercavo di metterlo in una scatolina di cartone e un altro che è stato invece inviato al centro di recupero della Lipu a Livorno, grazie alla celere e fondamentale rete di volontari dell’importante associazione elbana “Animal Project” che si impegna per gli animali isolani.
(Antonello Marchese – * Guida ambientale e turistica. Guida ufficiale del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Fotografo di Natura. Promotore dell’azione Elba Foto Natura, nell’ambito dei progetti della Carta Europea per il Turismo Sostenibile per il Parco Nazionale Arcipelago Toscano)
I silvidi di macchia sono un po’ l’eminenza grigia dell’avifauna dell’Arcipelago Toscano! Oltre ai citati Occhiocotto, Capinera e Magnanina, al nordico Beccafico che appare in aprile/maggio e in agosto (puntuale per i fichi!) abbiamo una vasta schiera di luì: il Piccolo (svernante e nidificante), il Grosso, il Verde, il Bianco (solo di passaggio durante le migrazioni), qualche accidentale come il Luì forestiero (segnalato più volte sulle nostre Isole). Sulle chiome dei lecci e, in inverno, sulla macchia più bassa, a contendersi invisibili insetti ci sono il Fiorrancino (nidificante) e il Regolo (presente solo in inverno), pure loro “speciali” essendo i passeriformi più piccoli d’Europa. Dove, invece, la macchia si fa bassissima e rada, a dominare sono i cisti e l’elicriso, vive poi una vera e propria perla della fauna isolana, misconosciuta quanto preziosa: la Magnanina sarda. Simile alla Magnanina comune ma tutta grigia, meno adattabile e più legata ad ambienti aridi e sassosi. È un endemismo mediterraneo con un areale limitato a Sardegna, Corsica e Arcipelago Toscano! Ovunque molto localizzata a causa delle sue esigenze biologiche, è ben presente sulle pendici del Monte Capanne ma anche sui pascoli degradati della dorsale orientale, dal Monte Serra a Cima del Monte. Popolazione preziosissima, la nostra, meritevole di attenzione e protezione, nonché di azioni mirate alla conservazione del suo ambiente elettivo.
Una famiglia di invisibili, quindi? Non esattamente. Bisogna pazientare e aspettare la primavera. Sedersi in un punto panoramico in mezzo alla macchia tendere gli orecchi e tenere il binocolo pronto. Tutti, immancabilmente, saliranno sulla cima dei cespugli e canteranno a tutto volume, al culmine dello spettacolo si lanceranno anche in voli canori terminanti con discese a paracadute. Un mese o due di esibizionismi prima di tornare nell’impercettibile aplomb tipico delle eminenze grigie!
(Giorgio Paesani -** Ornitologo )