Se, come sosteneva Jim Carrey in “Se mi lasci ti cancello”, San Valentino è solo una festa inventata di sana pianta dai fabbricanti di cartoline per far stare peggio le persone, forse anche la Festa della Donna è diventata una ricorrenza utile solo a spacciare mimose – se il cambiamento climatico ce ne lascia qualcuna? Allora anche il Natale, Pasqua, la Festa della Mamma, la Festa del Papà, e tutte le feste che prevedono di celebrare qualcosa/qualcuno in modo più o meno disinteressato?
Può capitare che, con il tempo, il senso di una ricorrenza sbiadisca, si perda momentaneamente di vista. E può certamente capitare che qualcuno colga “la ricorrenza” al balzo, per così dire – magari fiorai, pasticceri, ristoratori, supermercati, cartolai, spogliarellisti, giornalisti, registi, scrittori, poeti, fotografi, cantautori… la cui unica “colpa” non è che quella di dover tirare a campare in qualche modo. Questo, però, non rende automaticamente la ricorrenza desueta, meno degna di essere celebrata, meno simbolica: non dev’essere uno stimolo a prendere la spugna e finire di cancellare dalle nostre menti quel che rimane, semmai tutto il contrario.
La Giornata internazionale della donna – dietro il più semplice “festa della donna” – è forse la festa più politica, inclusiva e universale che sia mai stata istituita. Quello della difesa dei diritti delle donne è un tema che tocca tutte le donne di tutte le città di tutti gli Stati di tutto il mondo, nessuna esclusa, e che riguarda la bambina appena nata quanto la donna centenaria. Riguarda tutte noi, le figlie femmine del mondo.
I diritti delle donne sono uno dei campi di battaglia più calpestati e insanguinati della storia, dove per una vittoria guadagnata o tregua stipulata da una parte, c’è una nuova guerriglia che scoppia dall’altra, come se fossimo prede di una dantesca bufera infernale che ci mena costante, impedendoci di riposare sugli allori, di dormire sonni davvero tranquilli.
Per questo, a parere di chi scrive, oggi celebrare l’8 marzo è più che mai necessario, importante e simbolico. Per ricordarci che non possiamo dare per scontati i traguardi raggiunti, e i diritti acquisiti. Per ricordarci che non ci dobbiamo fidare di quella narrazione che ci vuole nemiche di noi stesse e tra noi stesse. Per far sentire la nostra voce e ricordare che se sappiamo o non sappiamo guidare, governare un Paese o gestire un’azienda, se non siamo brave in matematica, ci prendiamo cura di un anziano o decidiamo di diventare madri, questo dipende solo ed esclusivamente dal nostro carattere, e non certo dal nostro genere. Che non dipendiamo da nessuna ideologia e non sottostiamo a nessuna etichetta: siamo libere.
Chiediamo a gran voce agli uomini di partecipare, di unirsi al nostro corteo, perché non vogliamo che restiate a guardare: l’unione fa la forza e abbiamo il potere di trasformare un giorno di lotta in un giorno di festa.
Anche questo 8 marzo, vogliamo il pane e le mimose, perché ne abbiamo il diritto. Auguri e felice “festa della Donna” a tutte noi, le figlie femmine del mondo.