Prima parte
Michelangelo Zecchini nella prefazione del libro “ Isola d’Elba. Le origini “ scrive “…. Convinto come sono che l’arma migliore per difendere gli innumerevoli siti archeologici dell’isola d’Elba – da sempre selvaggiamente aggrediti- non è quella di tenerne più o meno segreta la localizzazione ma è quella di diffonderne la conoscenza fra il maggior numero di persone possibili,soprattutto giovani….”
(Cfr. pg 7 di “Isola d’Elba.Le origini”Michelangelo Zecchini.Edizioni S Marco litotipo Lucca 2000)
Parole dell’amico Michelangelo che condivido e che uso per indicare lo scòpo del mio scrivere sopra un luogo dell’isola a me caro in quanto là ho trascorso l’infanzia : quello di S. Martino con sue vallecole , colline circostanti e loro pianori.
Un luogo dove una volta i “lombardi” venivano all’isola per andare ad aiutare i contadini a zappare la terra della vigna.
Un luogo dove una volta mio nonno vendeva alimentari che la gente pagava quando aveva i soldi.
Un luogo dove una volta all’improvviso si sollevava fumo in alto verso il cielo sopra il bosco verde perché un “carbonaio” aveva acceso la carbonaia per fare carbone con legna di bosco.
Un luogo dove ancora oggi la canna (arundo donax)è ovunque presente ad indicare che il terreno è ricco in acqua .
Parlare di S Martino significa infatti parlare di un territorio fertile dove acqua non manca perché è bacino idrografico tra i più importanti dell’Elba.
Al centro della valle sta il fosso della Madonnina che inizia come torrente nel bosco di S. Martino. Dopo essersi congiunto con i torrenti delle Tre Acque ,delle Ceppete,di Pozzatelli , delle Carene e, in località le Foci , con il torrente della valle di Lazzaro, acquista i connotati di un vero e proprio fosso .
Non so perché questo fosso porta il nome ‘madonnina’ .
Forse perché in località le Foci vicino dove corre col suo alveo esiste un tabernacolo a tempietto che accoglie l’immagine del sacro cuore di Maria?
O forse perché vicino al fosso sempre alle foci c’è la chiesetta dedicata a S. Caterina?
Più chiaro è invece il toponimo le Foci: qui ,dove una volta il mare arrivava con aquitrinio e palude, era zona in cui sfociavano corsi d’acqua che costituivano il bacino idrografico dell’Elba centrale.
Da qui,dalle Foci, la valle di S.Martino oggi si continua con la piana di S.Giovanni solcata per 3-4 Km dal fosso della Madonnina che sfocia nella rada di Portoferraio in zona che è chiamata la Punta della rena o delle saline: zona prodotta “dalle torbide versatevi dal rivo della Madonnina ,che scende dalla vallata di S. Martino e sbocca fra le saline “(Luigi Federico Menabrea “Relazione intorno alla difesa della terza zona territoriale dello Stato”15 novembre 1865 ,pp 248-249).
Un bacino idrografico tra i più grandi ed interessanti dei presenti nell’Elba centrale .
Con gli anni ho scoperto che la valle di S. Martino e sue vallecole(Tre Acque,Carene, Ceppete, Campitelle,Pozzatelli) e ruscelli nonché le colline che circondano queste vallecole e ruscelli ( collina di S .Lucia ,Colle Carene, Colle Reciso,Monte Moncione,Colle alle vacche ,Poggio del Mulino a vento ,Monte Barbatoia,Monte S. Martino con suo crinale,Monte Pericoli,Serrone delle Cime ) contengono tracce importanti di paleostoria dell’isola: le tracce documentali degli abitanti preistorici dell’isola.
In questi luoghi , la macchia mediterranea ,che a tratti è sostituita da bosco, nasconde antichi sentieri circondati da muri a secco di campi abbandonati .
In questi luoghi dove oggi vado a raccogliere funghi o a fare una passeggiata per rifugiarmi nel silenzio del bosco che solo qui è presente,si trovano giacimenti di culture e industrie paleostoriche,preistoriche dell’era della pietra sin dal paleolitico medio (75000-35000 anni fa ) fino ad arrivare in èra preromana, in età etrusco-ellenistica(seconda metà IV- inizi III secolo a.C.).
Hanno lasciato segno di sé come documentato da ritrovamenti archeologici.
Parlerò di questi ritrovamenti archeologici così tentando , come all’inizio accennato, di diffonderne la conoscenza.
MARCELLO CAMICI
Giorgio MAZZEI
Ricordo che con le barche a remi del grande lupo di mare Paride Adami affrontavo il golfo di Naregno con ritorno quasi sempre al buio e mia madre sulla punta del molo che mi chiamava. Avevo 14 anni.
10 Febbraio 2023 alle 13:20
Cinzia maggi
Sempre interessante conoscere tratti di questa terra Elbana a me cara, ove risiedo 3 mesi all’anno
10 Febbraio 2023 alle 12:39
Camillo Picchiotti
Quando ero piccolo, arrivavamo con la nave omonima a Porto Azzurro. Ci venivano a prendere con un barca che ci portavano a Naregno. Non c’erano strade, estavamo in una casa dei miei zii, ora Pensione Rodriguez, si quello che trasvolo’ l’oceano con Balbo, la sera accendevano la lampada a Petrolio e tiravano su l’acqua dal pozzo . Io pescavo i micci del re e mangiavo i ricci che raccoglieva mia madre. Non lo dimenticherò mai. Oggi vado per i 73.
9 Febbraio 2023 alle 23:34