Questo articolo è la presentazione di un disastro ambientale, il dilagante e per ora incontrollato e incontrollabile fenomeno dell’inquinamento, del quale tutti sanno ma parlano poco e, se lo fanno sussurrano così piano, che le parole se le porta via il vento.
Ma io non presento, faccio un profondo richiamo a tutte le autorità che operano nel campo della salute pubblica e della difesa dell’ambiente, in quanto trattasi di vicenda da delicati profili igienico – sanitari con ripercussioni sulla salute pubblica.
L’agguato è in mare: sotto accusa i reflui trattati nel depuratore di Schiopparello e sversati nel fosso della Madonnina con deflusso a punta della Rena, dove le condizioni ambientali non permettono di affidare al mare l’autodepurazione.
A questo punto è importante descrivere, molto scolasticamente, la natura della foce a punta della Rena: si tratta di un lido molto vasto coperto e scoperto dai flussi di marea con modeste escursioni, praticamente inondato come la zona umida in sua prossimità: un ecosistema con labili equilibri ecologici in cui le alterazioni biologiche sono molto strette e le comunità animali e vegetali possono sopravvivere solo se le condizioni permangono naturali. Per cui la sua fragilità rende questo habitat particolarmente vulnerabile alle attività antropiche.
Tutti sappiamo, che con l’autorizzazione dell’autorità competente, è possibile scaricare in mare reflui trattati, ma tenendo presente, (l’articolo 6 recapito degli scarichi) che recita: nelle Lagune, zone di foce e stagni salmastri sono vietati gli scarichi di ogni tipo. Qualora sussistono motivi di tutela della salute pubblica e della balneazione, devono essere allontanati, dopo la depurazione, mediante condotte sottomarine ad almeno 300 metri dalla costa.
Ora ci domandiamo: chi ha dato l’autorizzazione allo scarico sopra menzionato s’è preso la briga di indagare, sia pure superficialmente, sullo studio di qualità del corpo idrico ricevente, al fine di poter valutare le possibili alterazioni dell’ecosistema del suolo e delle attività che operano nella zona, nonché il rischio igienico sanitario per la popolazione.
La COMMISSIONE NATURA E AMBIENTE della FONDAZIONE ISOLA D’ELBA onlus, nel progetto “UNA LENTE SUL MARE” allertata dagli abitanti del posto, ha seguito con attenzione, sin dall’inizio, gli effetti dello sversamento, dal punto di scarico fosso della Madonnina e lo sversamento in mare alla foce di punta della Rena, pubblicando articoli e mini documentari suffragati da precisi documenti cronologici di episodi e annotazioni significative, con gli effetti sul campo recettore, fissati in forma verbale, geografica, fotografica e filmata, in modo da rendere un servizio alla comunità, senza cadere nella banale quanto superficiale denuncia o peggio delazione. Ma quanto sopra è rimasta lettera morta. Stranamente, le associazioni ambientaliste e gli addetti al controllo, sono tiepidi di fronte a questo problema: forse un po’ per mancanza di rigore e di idee chiare, un po,’ diciamo la verità, con il risultato dei loro studi approfittano il più delle volte della loro autonomia di cattedratici. In realtà, più che una branca scientifica, ci sembra un aspetto politico amministrativo. E non si pensi, (come previsto da progetto, redatto a suo tempo dal dirigente dell’ufficio architetto Parigi tecnico del comune di Portoferraio) di risolvere il problema spostando lo scarico nel fosso di Riondo. Sarebbe ancora più grave.
L’azienda servizi ambientali A.S.A., dal canto suo, ha fatto sempre presente che l’impianto di depurazione di Schiopparello ha sempre rispettato i limiti di scarico, come risulta dalle numerose verifiche di Arpat.
Purtroppo siamo portati a credere che in questo campo vi siano delle lacune conoscitive.
Personalmente ho avuto un incontro informativo con il dott. Angelo Zini, subito dopo il suo insediamento come sindaco di Portoferraio, suggerendogli di fare pressione su A.S.A. per un prolungamento della condotta di scarico fino al Grigolo e immetterla nelle vecchia condotta fognaria sottomarina, lontana dalla costa oltre 300 metri e 54 di profondità.
La risposta fu pleonastica, “ tutto questo ha un costo, comunque è un compito di A.S.A. e Arpat che hanno poteri e competenze.”
Bene. Sappiamo, anche noi, che fare le cose in regola con l’ecologia è altamente anti economico, ma anche, che su tutto sono prevalse scelte miopi e suicide e che il problema non si risolverà fino a quando si continuerà ad ignorare che l’inquinamento del mare è una modifica dell’equilibrio naturale, suscettibile di danneggiare la salute dell’uomo e di nuocere a tutte le legittime utilizzazioni del mare.
Inoltre, c’è da aggiungere una ulteriore e “soggettiva osservazione” nell’ambito della buona fede e della massima serietà: mi rivolgo a coloro che hanno il compito di stabilire il monitoraggio dei luoghi frequentati dai bagnanti o sottoposti a rischio di inquinamento. Dopo il verdetto di Goletta Verde del 5 Luglio corrente mese sull’inquinamento a punta della Rena è stata verificata la conformità del prelievo. Dopo 25 giorni dal passaggio di Goletta Verde, era opportuno informarsi e informare sul tipo di inquinamento, mentre l’ente comunale doveva segnalare, in modo evidente, l’area inquinata per rendere chiara la non balneabilità della zona.
Dopo tanti appelli, questo è l’ultimo: se c‘è la buona volontà per risolvere il problema vi dirò bravi, in caso contrario presenterò ricorso per inadempimento davanti carte di giustizia europeo (art. 258 par.2 del TFUE)
A tutt’oggi, 30 luglio, ancora , a punta della Rena, inquinata, non esiste un cartello che vieta la balneazione. Vergogna è grave.
Carlo Gasparri
* presidente della COMMISSIONE NATURA E AMBIENTE della FONDAZIONE ISOLA D’ELBA onlus,
Elisabetta Maestrini
FINALMENTE!!!! Qualcuno parla di questo annoso e devastante problema!
1 Agosto 2022 alle 9:03