Gli ungulati minacciano anche la preziosissima popolazione di Zerynthia cassandra, la farfalla di S. Piero. Questa splendida farfalla, vive solo in un ristrettissimo areale dell’Elba, isola dove era stata vista nel lontano 1932 da un gruppo di ricercatori tedeschi, nella zona di Marciana Marina, per poi scomparire, fino a che non è stata ritrovata più di 70 anni dopo, nel 2008, da Ornella Casnati e dallo studioso Leonardo Dapporto, che ha poi ha accertato scientificamente la sua unicità. Riportiamo un testo del Dr. Leonardo Dapporto che descrive gli esiti dello studio dell’Università di Firenze.
“Quante volte ci siamo detti che le farfalle e le lucciole stanno sparendo? Basta pensare all’effetto del parabrezza pulito, per cui negli ultimi anni viaggiando in autostrada raramente ci capita di schiacciare centinaia di insetti con la macchina come spesso avveniva in passato. Ma per passare dalle sensazioni alle certezze e soprattutto dalle certezze alle azioni per contrastare questo evidente declino serve grande studio e tanta dedizione. Un esempio ci viene dalle attività svolte nel Parco Nazionale Arcipelago Toscano per preservare la preziosissima popolazione di Zerynthia cassandra dell’isola d’Elba. Supportati da diversi progetti finanziati dal Parco Nazionale e dal Ministero della Transizione Ecologica i ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, guidati dal dr. Leonardo Dapporto e Legambiente Arcipelago Toscano stanno da anni cercando di capire se questa splendida farfalla sia in crisi sull’isola e quali strategie si possano mettere in atto per salvaguardarla.
Dal 2017 i ricercatori seguono questa popolazione recandosi ogni anno sull’isola a contare le uova di Zerynthia deposte sulle foglie di Aristolochia, una pianta molto poco diffusa di cui si nutrono le larve. Dopo aver chiarito che le larve delle farfalle si trovano soprattutto sulle piante assolate al margine dei cespugli, dal 2019 si è iniziata, in collaborazione con Legambiente, un’attività di micro-interventi volti a ripulire a mano piccole aree dai rovi dove le piante di Aristolochia erano già presenti ma soffocate dalla vegetazione. Questi interventi hanno prodotto grandi benefici alle farfalle in quanto ogni piccola area di un metro di raggio ripulita ha mediamente ospitato le larve prodotte da una coppia di farfalle.
Le misurazioni delle uova però hanno permesso anche un’importante valutazione dell’impatto di un gregge di capre instauratosi nel 2019 nei pressi di uno dei siti classici di Zerynthia, a poche centinaia di metri dall’abitato di San Piero in Campo. Questa attività massiccia delle capre ha ridotto tantissimo la superficie dei cespugli, portando le piante di Aristolochia fuori del loro margine e ha completamente impedito la fioritura delle piante erbacee che producono nettare di cui gli adulti si nutrono. Il grafico sottostante mostra chiaramente che mentre nelle aree trattate con tagli mirati il numero di uova è aumentato negli anni, nelle aree usate intensamente dalle capre il numero si è ridotto della stessa misura (il livello centrale indica il numero medio di uova presenti su ogni pianta in ogni anno, i valori positivi sono quindi siti da considerare buoni i valori negativi siti da considerare non buoni). I siti in cui non è stata fatta alcuna azione sono mediamente appena sotto la media ma senza importanti variazioni nel tempo.
Cosa ci insegnano questi dati? Innanzitutto, che è necessario monitorare la biodiversità per comprenderne il funzionamento e intervenire per proteggerla. Inoltre, ci danno la misura dell’impatto degli ungulati portati dall’uomo sulle popolazioni di insetti presenti su un’isola in cui questi i grandi mammiferi non sarebbero naturalmente presenti. Altro elemento utile, il pascolo delle capre potrebbe essere una minaccia nel periodo della deposizione delle uova (marzo-giugno) mentre nel resto dell’anno potrebbe essere utile per tenere pulita l’aera dagli arbusti. Ora, se da una parte il Parco e le Associazioni potranno indicare al pastore una gestione oculata del gregge nelle immediate vicinanze del recinto, non sarà altrettanto facile gestire la presenza degli altri ungulati invasivi sull’isola. Nessuno può convincere i mufloni e i cinghiali ad evitare le aree più preziose per le specie che vogliamo proteggere e dobbiamo rassegnarci a una scelta manichea: ridurre in modo considerevole la presenza di questi animali fino all’eradicazione dall’isola o perdere parte di una biodiversità che si è accumulata all’Elba con un percorso unico dal giorno della sua origine.”