Domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23, tutti i cittadini italiani sono chiamati al voto, ma non soltanto per il rinnovo di alcune amministrazioni comunali (all’Elba sono tre i comuni chiamati alle urne: Porto Azzurro, Campo nell’Elba e Marciana Marina). In programma, infatti, c’è anche il referendum promosso da Lega e Partito Radicale, che prevede ben cinque quesiti legati a diverso titolo al tema della giustizia.
Il referendum avrà carattere “abrogativo”: ogni quesito, infatti, proporrà di cancellare (votando SI) oppure di mantenere (votando NO) una legge già esistente, tutta o in parte.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Il primo quesito (scheda rosa) riguarda l’abolizione della legge Severino, che, ad oggi, prevede l’incandidabilità e la decadenza da eventuali incarichi pubblici e di governo per chiunque venga condannato in via definitiva per corruzione o altri tipi di reati gravi. Nel caso degli enti locali, la sospensione è automatica. Per questo, il fronte del SI sottolinea che sarebbe meglio che si decidesse caso per caso e non per un automatismo di legge, che rischia di condannare amministratori locali, magari innocenti, ancor prima di dare una sentenza definitiva. Il fronte del NO, tuttavia, avverte che, in questo modo, la Severino verrebbe cancellata per intero, lasciando via libera ai condannati e terreno fertile alla corruzione.
Il secondo quesito (scheda arancione) è sulla limitazione delle misure cautelari: votando NO, sarà mantenuto il provvedimento della carcerazione preventiva in caso di pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato. Votando SI, invece, solo per i reati meno gravi, la misura verrebbe adottata unicamente per rischio di ripetizione dello stesso reato: in Italia, sostiene il fronte del SI, l’abuso della carcerazione preventiva ha costi economici per lo Stato e personali per chi poi viene riconosciuto innocente.
Il terzo quesito (scheda gialla) prevede la separazione delle funzioni dei magistrati: attualmente, infatti, un magistrato, per quattro volte nel corso della sua carriera, può passare dal ruolo di PM (che rappresenta l’“accusa”) a quello di giudice, e viceversa. I sostenitori del SI propongono la scelta di un solo ruolo ad inizio carriera, in modo da garantire maggiore neutralità ed equilibrio nel sistema. Quelli del NO, invece, temono un “impoverimento” della cultura giudiziaria dei magistrati.
Il quarto quesito (scheda grigia) riguarda la valutazione della professionalità dei magistrati, che, oggi, viene fatta dai Consigli giudiziari, composti da altri magistrati e, in parte, da avvocati e professori universitari (detti “membri laici”), che, però, non votano. Il fronte del SI propone, invece, di includere questi membri, per evitare che i magistrati finiscano per votarsi da soli, rendendo così l’operazione più oggettiva e trasparente. Quello del NO, pensa che il sistema funzioni bene così com’è.
L’ultimo quesito (scheda verde) è sull’elezione dei membri del CSM (il Consiglio Superiore della Magistratura). Oggi, un magistrato che vuole candidarsi deve raccogliere almeno 25mila firme di altri colleghi, ma, se vince il SI, si potrà candidare liberamente, riducendo il peso di eventuali correnti interne al CSM e rendendo l’elezione meno “politica”. I sostenitori del NO, tuttavia, ritengono che eliminare le firme non risolverà questo problema.
Il risultato del referendum sarà valido solo se verrà raggiunto il quorum, ossia se andrà a votare il 50% + 1 degli aventi diritto. Una soglia davvero difficile da raggiungere, considerato il carattere piuttosto “tecnico” dei quesiti referendari e la stagione estiva praticamente già partita.