Dopo la notizia, la sentenza. Dal 24 gennaio scorso era nota l’assoluzione della corte di appello Firenze dall’accusa di omicidio plurimo volontario di Fausta Bonino, l’infermiera finita a processo per i decessi anomali di 10 pazienti avvenuti nell’ospedale di Piombino tra il 2014 e il 2015.
La Bonino, originaria di Piombino ma con forti legami con Rio Marina dove abita e vive per lunga parte dell’anno, era stata condannata in primo grado all’ergastolo accusata di aver assassinato quattro dei suoi pazienti con un’iniezione di eparina.
La pubblicazione della sentenza, oggi, le restituisce la sua vita che per sei anni è rimasta come sospesa, prima che le 172 pagine emesse dalla Corte d’Assise d’appello smontassero pezzo per pezzo le accuse.
Non c’è infatti, secondo la sentenza, nessuna certezza sulla tipologia di farmaco usato, né sulle modalità di somministrazione dell’eparina che avrebbe causato le emorragie mortali ai pazienti dell’ospedale di Piombino. L’accusa si fondava poi su range temporali precisi, ritenuti fondamentali per certificare la presenza dell’imputata al momento della massiccia somministrazione del farmaco anticoagulante, che poi tanto precisi non si sono rivelati. E quello che si definiva un reparto di rianimazione inaccessibile ad estranei si è scoperto essere invece più che accessibile, da una porta laterale che si apriva con una semplice spinta. Sono questi dunque i motivi principali alla base della decisione dei giudici della Corte d’assise di Appello di Firenze.
Resta da capire se la Procura, che non avrebbe ancora preso una decisione in merito, presenterà ricorso in Cassazione, allungando ulteriormente i tempi di questa vicenda giudiziaria.