Una interrogazione parlamentare sui progetti “Life” del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano è stata presentata nei giorni scorsi da Fratelli d’Italia, con primo firmatario il senatore La Pietra che si è già occupato in passato di questioni che riguardano l’Elba e l’Arcipelago Toscano.
Ecco il testo dell’interrogazione.
LA PIETRA , BALBONI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , PETRENGA , RAUTI , RUSPANDINI ,
TOTARO – Ai Ministri della transizione ecologica e della salute. –
Premesso che:
i progetti “LIFE” costituiscono uno dei programmi “storici” della Commissione europea, essendo
operativo dal 1992 e rappresentando il principale strumento finanziario dell’Unione europea dedicato
alla tutela dell’ambiente, alla conservazione della natura e all’azione per il clima. LIFE ha
cofinanziato più di 5.500 progetti in tutta la UE mobilitando oltre 9 miliardi di euro di investimenti e
contribuendo con oltre 4 miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea a titolo di
cofinanziamento. In Italia il programma ha avuto oltre 900 progetti finanziati, determinando un
investimento complessivo di 1,5 miliardi di euro, di cui circa 700 milioni stanziati a titolo di
cofinanziamento dalla Commissione europea;
il programma svolge un ruolo essenziale, poiché si prefigge di sostenere lo sviluppo, l’attuazione e
l’aggiornamento della politica e della legislazione ambientale ed in materia di clima dell’Unione,
attraverso il finanziamento di progetti di varie dimensioni diretti a garantire la conservazione e la
protezione della biodiversità;
sono molteplici i progetti LIFE interessati da interventi di eradicazione delle specie aliene invasive in
numerosi ambienti del Mediterraneo, in particolare quelli che interessano l’eradicazione del ratto
nero, Rattus rattus (L., 1758), e specifici vegetali, ad esempio Ailanthus altissima e Carpobrotus,
sulle isole italiane;
nello specifico, la Nemo S.r.l. ha progettato tutte le eradicazioni di ratto svolte ad oggi su isole
italiane: Montecristo e Pianosa (2010), isolotti minori della Toscana (1999-2001), Giannutri
(2005-2006), Zannone (2006), Molara (2008) e isolotti circostanti (2009-2010). A Molara è stata
per la prima volta (in Europa) effettuata la distribuzione aerea delle esche rodenticide, metodologia
successivamente utilizzata a Montecristo (2010), Tavolara (2017) e isolotti adiacenti. Molara è stata
invasa nuovamente dal ratto neanche due anni dopo la conclusione del progetto, anche Montecristo
e Tavolara sono state raggiunte nuovamente dal ratto; a tali progetti hanno preso parte: il Corpo
forestale dello Stato, vari parchi territoriali fra cui l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano,
alcuni istituti universitari, l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e,
spesso, alcune società private tra cui, come detto, ricorre sempre la ditta Nemo S.r.l. di Firenze;
considerato che:
i progetti presi in carico dalla Nemo S.r.l. hanno visto l’utilizzo del veleno “Brodifacoum”, principio
attivo tossico per molte specie animali, oltre alla specie target, il quale è stato disperso sulla
superficie di tali isole con un elicottero tramite esche costituite da pellet contenente tale principio;
la scheda di sicurezza del “Brodifacoum” indica i pericoli connessi al suo utilizzo: rischi per la salute
in quanto il principio attivo è un potente anticoagulante e rischi per l’ambiente in quanto esso è
altamente tossico anche per gli organismi acquatici sensibili e può provocare a lungo termine effetti
negativi per l’ecosistema acquatico; inoltre, nelle informazioni ecologiche della scheda, il prodotto
viene classificato come “persistente”; il metodo scelto, quello della dispersione aerea, ha portato
successivamente alla scomparsa o alla decimazione di altre specie protette presenti sulle isole,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo fossero a conoscenza dell’utilizzo della suddetta modalità (utilizzo di ingenti
quantità di pellet contenenti “Brodifacoum”, come a Montecristo dove ne furono distribuite via
elicottero oltre 14 tonnellate pari a circa 7 milioni di bocconi avvelenati) che, lungi dall’essere mirata
e selettiva, rappresenta un serio pericolo, oltre che per gli altri animali presenti sulle isole, anche
per l’ambiente particolarmente protetto, andando ad inquinare le falde acquifere, il mare e a
contaminare tutta la catena alimentare;
se intendano verificare se tale tipo di interventi abbiano portato ad una perdita, piuttosto che alla
salvaguardia della biodiversità, data la mancanza di studi indipendenti condotti prima
dell’esecuzione dei progetti di eradicazione che avrebbero potuto dimostrare che la specie “aliena” si
era naturalizzata nell’ambiente e non rappresentava un rischio per la biodiversità, ma anzi ne erano
un elemento costitutivo e se intenda verificare e quantificare le ingenti perdite ed estinzioni di
animali non bersaglio alloctoni ed autoctoni, anche particolarmente protetti, in terra ed in mare,
avute a seguito dell’avvelenamento generalizzato di intere isole o dell’eliminazione con trappole o
tramite la caccia;
considerato che in nessuna delle isole mediterranee esistono ancora delle biocenosi originarie
(perché perdute ormai da millenni per effetto anche dell’interferenza antropica), se abbia un senso
procedere a programmi di “riqualificazione ambientale” (mediante i progetti “LIFE+”), che
prevedono essenzialmente la massiva eradicazione di molte delle piante e degli animali ormai
presenti da tempo, ma originariamente alloctone, che sono riuscite ad integrarsi nel nuovo ambiente
interagendo con esso fino a diventarne parte ormai integrante;
se i Ministri fossero a conoscenza del fatto che, in nome della “purezza razziale”, si sia proceduto in
molte delle isole alla completa rimozione forzata di specie animali, come il riccio, Erinaceus
europaeus L., 1758, la pernice rossa, Alectoris rufa (L., 1758), la coturnice orientale, Alectoris
chukar J.E.Grasy, 1830, ed il fagiano, Phasianus colchicus L., 1758, da Pianosa (Arcipelago toscano),
il coniglio selvatico, Oryctolagus cuniculus (L., 1758), e parte della popolazione di capra selvatica,
Capra aegagrus Erxleben, 1777, di Montecristo, mentre al Giglio l’estirpazione degli ultimi individui
di muflone, Ovis orientalis Gmelin, 1774, è ancora in corso. E se non fosse invece il caso di
contenerne la diffusione e conservare tali specie che possono costituire elementi unici di biodiversità
e risorse genetiche di primaria importanza, anche in considerazione delle sfide presentate dal
cambiamento climatico;
se fossero a conoscenza del fatto che, nella maggior parte dei casi, queste eradicazioni non sono
state supportate da alcuno studio scientifico preliminare condotto localmente, ma solo
arbitrariamente giustificate con riferimento a studi svolti in realtà geografiche ed ambientali molto
lontane dal Mediterraneo, come nel caso dei mufloni del Giglio, dichiarati invasivi in base a studi
condotti alle Hawaii o alle Channel Islands e che non è seguito uno studio, successivo all’operazione,
sull’impatto effettivo del “Brodifacoum” sulle specie non target presenti sulle isole e sull’intero
ecosistema;
se fossero a conoscenza del fatto che dietro ai numerosi progetti “LIFE+” (“LetsGo Giglio”,
“Montecristo 2010”, “Life Puffinus Tavolara”, “Resto con Life”, “Life PonDerat”, “Life Diomedee”), cui
partecipano enti pubblici come l’ex Corpo forestale dello Stato, l’ISPRA, l’Ente Parco Nazionale
dell’Arcipelago Toscano ed altri ancora, appaia ricorrere il coinvolgimento di alcune ditte private
(come la fiorentina NEMO S.r.l., presente in ogni progetto e spesso la D.R.E.A.M. Italia di
Pratovecchio Stia, in provincia di Arezzo) che redigono le relazioni tecniche per i piani di gestione,
stilano le proposte progettuali presentate sui bandi, e vengono coinvolte come beneficiari associati o
come sub-contractor in attività di progettazione esecutiva e supporto nello svolgimento dei lavori,
nel monitoraggio scientifico e nella gestione generale del progetto finanziato. E che non sia mai
stato chiesto ad alcun gruppo di ricercatori indipendenti dai progetti “LIFE+” di assistere alla loro
realizzazione e di verificarne i risultati;
se intendano verificare, inoltre, visto che gli interventi risultano già effettuati, il rispetto della
condizione di cui alla lettera c) dell’articolo 1 dell’ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio
2010;
se ritengano opportuno procedere ad una verifica delle motivazioni e giustificazioni sottostanti agli
interventi finanziati, in quanto una volta alterato un ecosistema, soprattutto se insulare, è
praticamente impossibile tornare indietro, ed è imbarazzante che questo possa avvenire grazie al
sostegno dei fondi europei e dell’intera comunità.
Paola
Ringrazio che sia stato dato spazio ad un argomento tanto importante e delicato. Che sia fatta luce e assoluta chiarezza e si blocchi, nel caso ci fossero, speculazioni. Basta alle speculazioni soprattutto sulla pelle del nostro Paese!
27 Marzo 2022 alle 17:39
Mauro Damiani
Ogni intervento del genere va opportunamente valutato in fase di progettazione e valutato ad operazione conclusa dall’ Organo che ha autorizzato l’opetazione.
27 Marzo 2022 alle 9:59